IL CAPITALISMO DEL GENOCIDIO

Giovanni Russo Spena*

Ho conosciuto Francesco Albanese tanti anni fa in un convegno sul tema della riforma dell’ONU ad Ariano Irpino, suo paese natìo. Era, già allora, una giovane giurista molto preparata ed appassionata, già esperta in diritti umani. É poi diventata la prima donna a ricoprire il ruolo delicatissimo di Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati. Dimostrando un impegno, un coraggio, una scientificità straordinari. Un lavoro vitale in tempi segnati dal genocidio. Mi amareggia l’atteggiamento del Presidente della Repubblica, che non la difende e tutela: è una cittadina italiana, colpita nella sua identità e nel suo stesso diritto alla vita dalle sordide e arroganti sanzioni comminate, per ragioni meramente politiche, dal governo degli USA. Perché i governi USA e di Israele ritengono le Nazioni Unite un pericoloso grumo di antisemitismo. Colpiscono la Albanese con odiose sanzioni personali perché ripudiano il diritto internazionale, in nome dei rapporti di forza politici e mercantili, negano ogni struttura internazionale di diplomazia, di convivenza tra i popoli, a partire dall’ONU, dalla Corte Penale Internazionale, dalle Corti di Giustizia.    

 “IL CAPITALE E’ PER SUA NATURA UN SISTEMA GLOBALE”         

Francesca Albanese è vittima di una posizione suprematista, patriarcale, razzista, neocoloniale, che riscrive la storia dell’umanità all’interno della gabbia dei cosiddetti “valori occidentali”, tanto sbandierati dalla Meloni e da tutti i governi UE. Cosa sono, oggi, i “valori occidentali”, per la maggior parte del mondo, a partire dal Sud globale? Occorrerebbe rileggere il Fanon de I dannati della terra: quando sentono parlare di valori occidentali mettono mano alla “roncola”. Il capitale ha bisogno, in questa fase, per i suoi processi di accumulazione, di guerre e genocidi. E la guerra è, per sua natura, “costituente”. Scrive Marx: “Il capitale è, per sua natura, un sistema globale. Deva annidarsi ovunque, stabilire connessioni ovunque”. Rozzamente e ferocemente, infatti, Karp, uno dei massimi teorici MAGA, scrive: “I nostri nemici devono svegliarsi impauriti e andare a letto terrorizzati”.  I MAGA citano molto La Repubblica di Platone. Perché ritengono che i demiurghi del software abbiano anche il diritto/dovere di plasmare la “società morale”, imponendo le ideologie suprematiste bianche. Ricorda giustamente Francesco Raparelli che già in un articolo del 2009 Peter Thiel, il guru più influente del movimento trumpiano dichiarava: “la cosa più importante è che non credo più che libertà e democrazia siano compatibili. Si tratta, ovvio, della libertà degli individui proprietari, di moneta, di terra, di schiavi”.     

UN IMPERIALISMO EUROPEO?                                                         

 La guerra economica mondiale è destinata a durare; perché è frutto di problemi strutturali, non della presunta pazzia di Trump. Non credo che l’UE sia solo succube del trumpismo, come pensano i liberali (ma dove sono più?) e il centrosinistra. In realtà, nel contesto in cui, dinanzi alla crisi del debito, l’impero statunitense restringe la sua diretta area di influenza e carica di dazi anche gli alleati, l’UE, con un salto di paradigma, che potrebbe avvicinare il rischio di una guerra globale sta ponendo a se stessa un grande tema: costruire un imperialismo autonomo che accompagni la proiezione dei capitalismi europei verso l’esterno, con una possente potenza militare. Le contraddizioni saranno enormi; il percorso non lineare. Ma la tendenza è evidente: i capitali europei pretendono di essere protetti con eserciti europei.  Questo è il vero scopo di Rearm Europe.             

 E’ LA MONETA CHE COSTRUISCE GLI STATI                                    

É la moneta che costruisce e indirizza gli Stati. I quali svolgono sostanzialmente funzioni di ordine pubblico, di conquista di territori ricchi di materie prime per i propri capitalisti; e, soprattutto, di guerra. Nascono imperialismi inediti. E dovremo discutere seriamente anche il ruolo crescente dei BRICS, non sul piano geopolitico, ma della de-dollarizzazione. Parlerei, in definitiva, di una torsione verso il keynesismo bellico. Le imprese guidano la politica. Gli Stati svolgono funzioni militari e di pedagogia di massa, di indottrinamento. Funzione quest’ultima spesso da noi rimossa. Il complesso militar/industriale è fondamento dell’economia di guerra. La ristrutturazione dei settori produttivi sta vivendo in un terremoto. Molte aziende civili, anche in Italia, riconvertono la produzione in settori bellici. Io penso che noi dovremo affrontare il tema lottando per una riconversione verso il civile. Forte è, infatti, l’orientamento delle aziende verso produzioni dual use. Penso alla riconversione di gran parte della filiera dell’auto verso l’aerospazio e la difesa. Per il sindacalismo sarebbe essenziale lottare per un progetto alternativo. Si riconvertono aziende dei settori della produzione di trasporti pubblici elettrici e mezzi per la mobilità sostenibile, aziende tessili ed agricole, di macchine imballatrici, di cavi elettrici per l’automotive: esse sono sempre più coinvolte in produzioni di sistemi d’arma.          

 LE ISTITUZIONI E LA SCUOLA METTONO L’ELMETTO                    

 Tutte le istituzioni concorrono attivamente all’economia di guerra. Governo, regioni, sistema finanziario, sistema universitario creano consorzi per l’espansione di queste aziende anche nei mercati esteri. Per quanto riguarda l’educazione civica nelle scuole, siamo all’emblema della militarizzazione. L’economia di guerra impone un vero e proprio progetto pedagogico e disciplinare in scuole di ogni ordine e grado. Le linee guida del governo italiano del 2024 obbligano all’insegnamento dell’iniziativa economica e al rispetto per la proprietà privata. Sono la proiezione, in Italia, della Relazione del Parlamento Europeo sull’attuazione della politica di sicurezza e difesa comune. In un lungo testo, intitolato Difesa e società e preparazione e prontezza civile e militare si affronta il tema della formazione dei cittadini europei di fronte ai “rischi” per la sicurezza europea. É una forma non di educazione, penso, ma di indottrinamento. Viene alimentata una condizione psicologica collettiva di insicurezza, una percezione di paura che spinge verso l’accettazione del riarmo europeo. È un tentativo di egemonismo culturale totalitario. Già da tempo le Forze Armate svolgono attività seminariale e di formazione. Vi è una torsione contemporanea verso una educazione militare di tipo austroungarico o anche dello Stato israeliano.                                

ECONOMIA DEL GENOCIDIO: UN SISTEMA STRUTTURALE GLOBALE                                                                                               

In questo contesto si pone il dossier della Albanese: l’economia di guerra è l’economia del genocidio. Il tema del riarmo, della militarizzazione della società è fortemente connesso al genocidio palestinese, che è il tentativo suprematista di annientare identità, memorie e saperi di un popolo. Siamo di fronte ad un sistema strutturale globale: sistema politico, produttivo, finanziario italiani ne sono parte organica. Basti pensare alla azienda Leonardo, di cui Violante e Minniti, anche in questi giorni, difendono la “missione di pace”, mentre essa fornisce armi e proiettili al governo israeliano per annientare i palestinesi. La Leonardo è strutturalmente presente nel territorio israeliano con propri stabilimenti e dipendenti. Numerose università israeliane hanno stabilito programmi con aziende leader nel settore militare. Queste aziende si collegano strutturalmente alle Università italiane attraverso l’elargizione di borse di studio e finanziando gran parte dei progetti di ricerca. Nel documento della Campagna “La Conoscenza non marcia,” abbiamo messo in rilievo l’azione militante più importante che possiamo condurre insieme all’azione sindacale e conflittuale delle lavoratrici e lavoratori  portuali, metalmeccanici, della logistica, al mondo della scuola : penso al BDS, al Movimento di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni, che denuncia le complicità israeliane non solo nella costruzione di infrastrutture di colonizzazione dei territori occupati palestinesi, ma anche nei prodotti agricoli e di largo consumo.                                      

 DIRITTO DI RESISTENZA                                                                     

 Lottare contro il genocidio comporta anche un’attività capillare di individuare tutti i settori e i prodotti in cui governo israeliano e governi europei cooperano per sostenere il genocidio. Non è mera azione umanitaria ma è lotta di classe. Il rapporto di Francesca Albanese dimostra che tra accademia, imprese private, funzione pubblica, forze militari italiane e occidentali e il genocidio, la connessione è estesa e permanente. Cresce la militarizzazione della società, nella logica di “armare” anche le menti dei cittadini europei. Dobbiamo, ovviamente, considerare che siamo membri del “sistema Nato”, che incide profondamente anche nei progetti di ricerca.  La Nato viene assunta come struttura capace di garantire sicurezza e pace. Ma esprime suprematismo armato. Per fortuna, contro lo Stato terroristico criminale, genocida, antisemita di Israele, sta crescendo, finalmente, anche in Italia, in tutti i territori, il diritto di resistenza. É un salto di paradigma. La Palestina è in noi. Prende forma il grumo possente di un nuovo movimento di massa; che è sintesi delle diversità, autoorganizzazione verso le convergenze unitarie. Esso non chiede “rappresentanza esterna”; sta rimettendo in discussione il ruolo di partiti e sindacati. Riappare, all’interno delle menti e dei corpi che sfidano il genocidio, un anticapitalismo di massa, dal basso. Non vi sono forme ed esiti certi; ma una indicazione di fondo.  È resistenza ogni forma di opposizione radicale, di critica, anche aspra, al potere. Sappiamo quanto la resistenza sia sgradita al potere. Continuiamo…


*Giovanni Russo Spena fa parte dei Giuristi Democratici e del Comitato Difesa Costituzione. È ex segretario di Democrazia Proletaria e ex parlamentare del PRC. Ha pubblicato, tra l’altro, “La metafora dell’emergenza”, “Peppino Impastato, anatomia di un depistaggio” e “La Costituzione della Repubblica italiana”, con Gaetano Azzariti e Paolo Maddalena.

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