Le sanzioni contro Francesca Albanese e l’occasione persa dalle banche italiane

Duccio Facchini*

(da www.altreconomia.it)

“Aprire un conto a Francesca Albanese? In Italia si può”. Alessandro Messina, già direttore generale di Banca Etica, responsabile dei crediti in Abi (Associazione bancaria italiana) e responsabile controlli e antiriciclaggio di altri intermediari, lo ha scritto a metà settembre sul suo profilo LinkedIn, provando a fugare dubbi nutriti da tanti. E ha aggiunto che “al contrario di quanto uscito sulla stampa negli ultimi giorni e addirittura dichiarato in un’aula del Senato, non è corretto dire che una banca non possa decidere in piena autonomia di aprire un conto corrente a Francesca Albanese. Ofac non vincola automaticamente banche europee”. Gli abbiamo chiesto di spiegarsi meglio, entrando nel merito.

Alessandro Messina, sulla base di che cosa affermi che aprire un conto ad Albanese in Italia oggi è possibile nonostante le sanzioni comminate dall’amministrazione Trump, che l’ha inclusa nella famigerata lista “Sdn” dell’Office of foreign assets control del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti?
AM Parto da una premessa necessaria. L’intera normativa e regolamentazione bancaria è orientata a evitare che le banche siano utilizzate per commettere attività illecite o ne diventino complici. Una banca qualunque, quindi, nel momento in cui apre un rapporto in Italia, in Europa o nel resto del mondo, deve sempre valutare tutte le informazioni disponibili per capire chi ha davanti. Si tratta di procedure collaudate che trattano contemporaneamente informazioni fornite da database gestiti da info-provider professionali. Incrociano cose diversissime: sentenze di tribunali, protesti degli assegni, liste antiterrorismo, antiriciclaggio e così via. Sono liste internazionali (europee e statunitensi) così come nazionali. Anche l’Ofac, nell’interesse unico degli Stati Uniti, ricordiamolo, fa la sua lista, contenente soggetti da “attenzionare” con i fini che dicevo prima. Quindi è una delle liste.

Che effetti produce finire nella lista Sdn dell’Ofac?
AM Negli Stati Uniti chi ci finisce non può aprire conti o rapporti finanziari: banche e intermediari sono obbligati a rifiutare e a bloccare eventuali fondi già presenti. Anche istituzioni non statunitensi, con rapporti in dollari o con banche Usa, “normalmente” applicano gli stessi divieti per evitare sanzioni secondarie o danni reputazionali.

Ipotizziamo che una banca italiana voglia aprire un conto ma trovi un nome “listato” dall’Ofac. Che succede?
AM Succede che io, banca italiana, sono consapevole che per gli Usa quel nome è un problema. Al che però vado a indagare, devo andare a indagare. Magari scopro che è un terrorista, un ricercato, un trafficante di droga, e allora ovviamente un conto non glielo apro. Se però mi accorgo, come nel caso specifico di Albanese, che si tratta di un caso particolare frutto di una mera e violenta ritorsione politica, allora posso sinceramente dire che non c’è affatto il rischio di usare quel rapporto, cioè quel conto corrente, per attività illecite. Il principio è che la “sanzione” Ofac non ha alcun valore giuridico e capacità impositiva sull’Europa e sull’Italia.

Sostieni che la banca “potrebbe legittimamente adottare tutte le cautele richieste dall’antiriciclaggio (due diligence rafforzata, tracciabilità), e poi decidere di aprire il conto, senza violare alcuna norma italiana o europea”. Perché?
AM La banca è una libera impresa. È dal 1992 che le banche, privatizzate, sono uscite dal perimetro dello Stato. Oneri e onori. Il meccanismo non è molto diverso dalla lista dei cattivi pagatori: anche in quel caso scattano “warning”, poi però io posso decidere di superare, finanziando ugualmente chi viene segnalato. Gli obblighi sono sul principio della prudenza, non sulle decisioni che ne conseguono. Altrimenti non esisterebbe la libera impresa bancaria.

Conosci bene i sistemi antiriciclaggio, non la stai facendo facile?
AM Li conosco abbastanza bene. Li ho aperti, smontati e rimontati. I sistemi antiriciclaggio sono come il mare aperto. Grazie alle tante informazioni che contengono. Che vanno usate cum grano salis. Qualsiasi segnalazione può farli scattare, anche la più piccola. Quello che voglio dire è che il “blocco” lo decido io banca. Non è imposto dalla legge. Altrimenti non ci sarebbe la differenza di politiche e comportamenti tra intermediari: sarebbero tutti automi. Se mi fermo al primo “warning” senza entrarvi nel merito rischio di non aprire il conto a nessuno.

Spiegati.
AM In Italia ogni volta che i sistemi antiriciclaggio leggono “Onlus” fanno scattare una sirena perché per il ministero dell’Economia quel rapporto di natura bancaria e finanziaria equivale a sinonimo di “alto rischio riciclaggio”. Lo so che fa inorridire ma è così. È un tema (assurdo) che Banca Etica conosce molto bene. Ma allora che fai? Non finanzi più le Onlus perché il sistema di controlli “suona”? Il blocco non è mica di legge ma è di procedura e ogni banca la può disegnare a sua misura. E poi, per i principi detti, esiste la sovranità del Cda di superare qualsiasi blocco applicato da funzioni e uffici.

Ipotizziamo che una banca ti ascoltasse e aprisse il conto ad Albanese. Dopo 48 ore le viene bloccata l’operatività, è impossibilitata a operare in dollari, viene esclusa dai circuiti internazionali di pagamento e viene colpita da sanzioni di importi insostenibili.
AM E dove sta scritto? Non certo nel decreto legislativo 109/2007 (Misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l’attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, in attuazione della direttiva 2005/60/CE). Solo la Banca centrale europea o la Banca d’Italia possono bloccare -in parte- una banca italiana. E solo a seguito di specifici accertamenti e gravissime violazioni, ripetute e generalizzate, mai per un singolo rapporto. Una banca italiana viene “bloccata” se viola le regole italiane e/o europee. Peraltro si tratta di una circostanza rarissima quella del “blocco”, semmai viene sanzionata o commissariata, ma, ripeto, per questioni di ben altra gravità.

La banca che apre il conto ad Albanese potrebbe essere inserita a sua volta nella lista Ofac. E sono dolori.
AM Non esiste un caso di banca europea inserita nelle liste Ofac.

Stai sottovalutando un rischio enorme?
AM Non sono un ingenuo, è chiaro che è un rischio che esiste. Però, come diceva un amico banchiere, se non vuoi correre rischi non fare il banchiere. Inserire nelle liste Ofac una banca solo per aver aperto il conto a Francesca Albanese sarebbe un abuso enorme che non è detto non possa scatenare una reazione forte anche delle stesse autorità di supervisione europee.

Su LinkedIn hai fatto alcuni esempi a titolo di precedente: i finanziamenti a Mediterranea Saving Humans, le transazioni finanziarie verso Ong operanti in Afghanistan come Emergency, i prestiti al Comune di Mimmo Lucano. Ma sono casi molto diversi da quello di Albanese, nessuno di loro era sanzionato e inserito nelle liste Ofac.
AM Tutti i casi sono sempre diversi. Ma esistono analogie: tutti e tre facevano scattare “warning” dai sistemi antiriciclaggio. Il caso di Emergency è forse quello più affine. Anni fa il governo degli Stati Uniti aveva deciso che non si facevano bonifici verso l’Afghanistan che avevano deciso di occupare. Punto. Per fare un bonifico all’ospedale di Emergency a Kabul occorreva superare i blocchi antiriciclaggio. Banca Etica fece le valutazioni del caso e poi superò i blocchi. Mediterranea e Lucano erano casi più “giudiziari” e più italiani ma se ci pensi la circostanza è ancora più forte. Tu banca non hai superato una giurisdizione che non ti riguarda (gli Stati Uniti) ma hai superato una valutazione “interna”, in quel caso ministeriale. Quello che sto dicendo è che occorre comprendere che i sistemi di controllo sono fatti di banche dati, regole complesse e percorsi stratificati, e a volte portano a conclusioni insensate. Se si è convinti delle proprie ragioni allora si può andare avanti.

Non pensi che questo ragionamento sollevi dalle proprie responsabilità la Commissione europea, che potrebbe disinnescare l’effetto delle sanzioni Ofac agendo sul Regolamento di blocco del 1996, o il Governo Meloni, che nulla sta facendo per proteggere Albanese?
AM La dico così: il governo deve lavorare per la pace ma io, intanto, faccio l’obiezione di coscienza. Fa parte dei grandi dilemmi che viviamo e che abbiamo sempre vissuto nel nostro mondo. È evidente che nessuna banca risolve e risolverà il problema di Francesca Albanese o la postura dell’amministrazione Trump verso il mondo. Nessuno lo crede. Ma potrebbe dare il buon esempio, togliere alibi e rispondere, nel suo piccolo, all’abominio che osserviamo. Banca Etica, a mio avviso, sta perdendo un’occasione, e mi dispiace dirlo.

Facile parlare quando si è fuori, penseranno in tanti.
AM A loro dico che mi è già capitato, quando ero direttore generale di Banca Etica. Le funzioni di controllo bloccavano, ci ragionavo, le “facevo ragionare” e si superava. Banca Etica non può essere follower, ma pioniera. Ho letto che una banca italiana non potrebbe dare ad Albanese una carta Visa o Mastercard. Forse è vero, considerando che si tratta di circuiti statunitensi, ma un Bancomat certamente sì, il circuito è italiano. Mutatis mutandis: un conto PayPal forse no, uno su Satispay certamente sì.Stai lanciando un appello?
AM Per quel che può valere dico alle banche “piccole”, che non hanno operatività verso gli Stati Uniti, “muovetevi”, cogliereste anche un’enorme opportunità di posizionamento, visibilità e coinvolgimento per clienti e comunità. A coprirvi le spalle c’è anche un recentissimo pronunciamento del Tribunale di Monza (aprile 2025) che trattando il ricorso di un cliente di una banca che aveva interrotto il rapporto proprio per inserimento nella lista Ofac ha disposto la revoca del blocco. Motivazione dell’ordinanza di Monza: il famigerato Ofac è un organismo del governo degli Stati Uniti le cui determinazioni non hanno efficacia nell’ordinamento giuridico italiano. Vi prego, non facciamoci asfaltare da Trump.


( https://altreconomia.it/le-sanzioni-contro-francesca-albanese-e-loccasione-persa-dalle-banche-italiane/ )

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