Bibbia e John Wayne. La teologia sionista del trumpismo

Paolo Naso*

Nel contesto religioso degli USA il termine evangelical – in Italia spesso usato in termini generici ed inappropriati – rimanda a un preciso segmento della parte protestante della popolazione: sono quei cristiani che, a partire da un forte legame con la Bibbia, rivendicano un rapporto personale con Gesù “loro personale salvatore”. In questo senso gli “evangelical” si distinguono dai “protestanti storici” sia perché tendono a relativizzare la tradizione teologica della Riforma che perché privilegiano l’azione  carismatica dello Spirito santo che, al massimo livello, si esprime nel pentecostalismo. Soprattutto nel contesto americano, inoltre, il termine evangelical rimanda a una teologia conservatrice, opposta a quella “liberal” delle denomianzioni “storiche” del protestantesimo.

Quello evangelical è, pertanto, un macro-insieme di cristiani tendenzialmente – non esclusivamente, però – tradizionalisti, animati da un particolare afflato evangelistico, al cui interno possiamo distinguere vari sottoinsiemi tra i quali possono esserci anche rilevanti differenze dottrinali ed ecclesiologiche: per citare i più significativi, quello “carismatico pentecostale” centrato sulla libera azione dello Spirito, e quello più marcatamente “fondamentalista”[1] che si appella a una interpretazione letteralista della  Bibbia per fondare un ordine religioso ad essa ispirato e con essa coerente. Cresciuto  su un’agenda politica essenzialmente interna, agita in prima persona dalle varie sigle “pro life” impegnate in una battaglia campale contro la legislazione sull’aborto, il movimento evangelical  oggi interviene anche su temi di politica estera.

Capitolo essenziale di questa agenda “allargata” è il rapporto con Israele e l’ideologia sionista. L’uno e l’altra vengono interpretati con categorie diverse da quelle laiche  della storia e della geopolitica che hanno determinato la nascita dello Stato ebraico, le sue guerre e le alleanze militari. Nella comprensione evangelical, difatti,  la nascita dello stato d’Israele è una epifania teologica che invera le profezie bibliche. Di conseguenza, il pieno, indiscusso e teologicamente motivato sostegno alla politica israeliana – anche la più radicale – si iscrive in un piano millenaristico che si concluderà con un conflitto di dimensioni catastrofiche – l’armagheddon dell’Apocalisse –  che prelude al ritorno del Messia e all’avvento del Regno di Dio.

Non stupisce che buona parte di queste correnti teologiche e delle associazioni in cui si aggregano, si collochino in quei movimenti pro-life, contrari a ogni forma di legge che consenta l’interruzione volontaria delle gravidanze, che al tempo stesso – e non senza qualche acrobatica incoerenza – si dichiarano favorevoli alla pena di morte. A sua volta, questa componente specificatamente fondamentalista è alla base di quel fenomeno politico religioso che si è consolidato nella Religious Right che promuove la trasposizione politica e militante di contenuti “religiosi” sul piano della proposta e dell’azione politica. Le sigle e le strategie operative sono cambiante nel tempo – Moral Majority, Christian Coalition, Family Policy Council… – ma la sostanza è rimasta la medesima, come ammette uno dei personaggi al centro di questa variegata esperienza politico religiosa, Ralph Reed: “Gli Stati Uniti d’America furono fondati su principi religiosi e da persone religiose. La nostra società funziona meglio quando noi ricordiamo questo fatto e accogliamo nello spazio pubblico coloro che agiscono nella più ricca delle nostre tradizioni”[2]. Il fatto politico rilevante è che queste tesi un tempo ai margini della politica repubblicana, oggi costituiscano la stella polare che orienta milioni di elettori. E’ di quasi vent’anni fa il saggio di Kevin Phillips, già consigliere di Ronald Reagan, che denunciava il rischio della “teocrazia americana” e spiegava la strategia dei gruppi della Destra religiosa nei confronti del Partito conservatore[3]. Sarebbe certamente sbagliato, però,  affermare che “tutti gli evangelical” sono conservatori e sostengono compattamente la Religious Right, anche se è ormai accertato che, sia ai tempi di George W. Bush che di Donald Trump, in assoluta maggioranza il loro orientamento si è avvicinato alle componenti più conservatrici del Grand Old Party repubblicano e che oggi possono annoverarsi tra i più convinti sostenitori di Donald Trump. Un sondaggio dell’autorevole Pew Center, dimostra che tra il 2016 e il 2020, l’adesione degli evangelical bianchi a Trump è significativamente aumentata dal 60 all’78%[4].

L’America come “nuovo Israele”

Le ragioni dell’incondizionato sostegno politico che le varie correnti del fondamentalismo evangelical esprimono a Israele  hanno radici storiche e bibliche.

La piena identificazione dei padri pellegrini come una sorta di nuovo Israele impegnato in nuovo  esodo che li avrebbe condotti verso la Terra promessa è ben espressa nelle predicazioni dei primi colonists che nei primi decenni del XVII secolo si interpretavano come mandati da Dio a celebrare la sua gloria proprio nel Nuovo mondo[5]. Oltre un secolo dopo, nel cosiddetto Grande Risveglio spirituale che scosse l’intera cristianità americana, il teologo Jonathan Edwards affermò il nesso spirituale tra i due continenti, quello dove Cristo è nato e  il Nuovo mondo, “dove potrebbe prendere forma il nuovo e più glorioso Stato della Chiesa di Cristo sulla terra”[6].

A partire dalla costituzione dello Stato d’Israele e soprattutto dopo la guerra del Kippur (1975), queste categorie millenaristiche e queste interpretazioni teopolitiche hanno trovato una nuova attualizzazione di natura politica. Con l’aggravarsi del conflitto israeliano palestinese la Destra religiosa ha iniziato ad affermare che era giunto il tempo di “scendere dalle tribune ed entrare in campo per garantire che la partita finisse come indicato dalle Scritture… Cambiando il loro ruolo da osservatori a partecipanti, essi hanno corso il rischio di trasformare le loro previsioni in profezie che si autorealizzano”[7]. Chiese, associazioni e movimenti così orientati hanno dato vita a una scuola di pensiero teopolitico denominato “sionismo cristiano”[8]: con questa espressione non si intende una semplice propensione sionista di alcuni gruppi cristiani ma si indica una precisa teologia fondamentalista che interpreta alcune pagine bibliche (i libri di Daniele e di Giosuè, l’Apocalisse in primis) in chiave geopolitica attribuendo loro il valore di una profezia carica di conseguenze sul piano degli assetti territoriali del Medio oriente. Negli anni, queste teorie si sono diffuse anche grazie a volumi di teologia romanzata e a fiction di dubbio valore artistico  ma molto efficaci nella costruzione di un consenso popolare all’idea di un “piano di Dio” per la redenzione dell’umanità che passa attraverso periodi di tribolazione e, infine, di uno scontro finale tra le forze del Bene e quelle del Male[9].

Il prodotto culturale e teologico “pop” che maggiore impatto ha avuto sul popolo del fondamentalismo apocalittico è stata la saga dei Left Behind: una serie di sedici bestseller firmati da Tim LaHaye e Jerry Jenkins, pubblicati tra il 1995 e il 2007[10]. Da queste serie nel 2014 è stato ricavato un film con protagonista Nicholas Cage, prodotto dalla Cloud Ten Pictures. Dal corpo dei Left Behind sono poi nate varie fiction seriali e ben due videogames: Left Behind: Eternal Forces (2006) e Left Behind II: Tribulation Force (2000).

Il genere letterario è il thriller apocalittico, confusa miscela di citazioni bibliche affastellate le une alle altre e di sapiente scrittura buona per la sceneggiatura televisiva o cinematografica, con un occhio all’attualità politica internazionale. Le tensioni geopolitiche che continuano ad attraversare il mondo e in particolare il quadrante mediorientale offrono continui spunti che questa letteratura legge in chiave teologica e millenaristica: dall’attentato di Hamas alla nascita di una nuova colonia ebraica in Cisgiordania, dall’uccisione di Rabin all’accordo tra USA e Arabia Saudita del 2020. Tutto fa parte del “piano di Dio” e tutto concorre a demonizzare le Nazioni Unite, l’Unione Europea, il dialogo interreligioso, tutti strumenti in mano all’Anticristo per conquistare il mondo e affermare il suo potere e una finta pace. L’esito finale di questo delirio fantasy infarcito di citazioni bibliche sarà lo scontro tra le forze del Bene e quelle del Male, sino al ritorno vittorioso del Messia che stabilirà il suo regno millenario di pace. Corollario indispensabile di questa letteratura di fanta-teologia, che però ha venduto decine di milioni di copie, è il disprezzo per gli arabi e l’ostilità all’islam. Il provvedimento di Trump denominato “Muslim ban” si colloca perfettamente in quell’ondata islamofobica seguita agli attentati dell’11 settembre che la Destra repubblicana ha continuato a cavalcare sino ad oggi[11].

Trump, Il peccatore redento

Questa teologia ha variamente  attraversato la storia recente tra critiche e consensi, momenti di massima autorevolezza e credibilità ed altri, all’opposto di discredito e irrilevanza ma la novità è che oggi il suo profeta sia Donald Trump.

Siamo così di fronte all’eccezionale paradosso di un analfabeta del lessico degli evangelical, di un tycoon   che ha vissuto la sua vita da adulto in palese contrasto con i loro costumi sessuali che però è diventato il messia di un nuovo verbo populista del fondamentalismo cristiano. “Egli potrà non essere uno di loro – afferma Sarah Posner, studiosa dell’anomala religiosità trumpista – ma loro lo idolatrano perché ad alta voce e senza paura egli difende le loro lamentele contro  quelle ideologie aliene, anti-cristiane e anti-americane che hanno preso piede nel governo, degli apparati giudiziari, dei media, nel sistema educativo e persino nella cultura popolare e negli editti imposti a una maggioranza cristiana, intimidita e sottomessa da una ‘correttezza politica’ che punta a censurarli, zittirli e opprimerli”[12]. L’agenda conservatrice – e successivamente gli atti di governo – dell’amministrazione Trump in materia di diritti LGBTQ+, accesso all’aborto, relazioni con i paesi islamici, hanno sciolto ogni riserva preliminare sulla moralità del tycoon e lo hanno iscritto nel novero dei peccatori redenti, come Davide, al quale Dio affidò i destini di Israele nonostante le sue colpe e i suoi misfatti. In questo processo di beatificazione, gli sono perdonate anche le responsabilità – se potranno, i giudici accerteranno se solo morali – sugli eventi del 6 gennaio 2021 e personalità del suo entourage denunciano il patimento che il tribunale di New York ha imposto all’ex presidente che, in una improbabile iperbole teologica è stato associato a Gesù sul monte Golgota[13].

Dopo il 7 ottobre 2024

Si inquadra in uno scenario tipicamente fondamentalista il sostegno politico della Destra religiosa di matrice evangelical alla decisione dell’amministrazione Trump di dare esecuzione al voto congressuale del 1995 che prevedeva lo spostamento dell’ambasciata degli Stati Uniti d’America da Tel Aviv a Gerusalemme: decisione eminentemente politica perché attesta il sostegno americano alla rivendicazione da parte israeliana di Gerusalemme come “capitale eterna e indivisibile” dello Stato. 

L’attacco terroristico di Hamas contro civili israeliani del 7 ottobre 2023 restituisce nuova linfa a queste spinte che, sempre più radicalizzate, tendono a spostare l’asse della politica esterea americana su posizioni sempre più filo israeliane. La linea è quella di sempre: un sostegno indiscusso e indiscutibile a Israele, da una parte, e una ferma opposizione a qualsiasi richiesta palestinese perché “Al Qaeda, Hezbollah, Hamas, ed anche alcuni elementi di Fatah, gente che uccide americani e israeliani, non vogliono uno stato palestinese – affermava anni fa Gary Bauer, già membro dell’Amministrazione Reagan e poi a capo di associazioni della Destra cristiana come il Family Policy Council e Focus on  the Family. –  Loro vogliono tutto, dal fiume al mare”[14]. Oltre dieci anni dopo, il linguaggio è lo stesso e mira a un allargamento del conflitto, invocando un’azione militare sull’Iran: “La giusta rabbia dell’America deve concentrarsi sull’Iran – ha recentemente dichiarato John  Hagee. – Lasciate che ve lo dica in un semplice discorso texano: l’America dovrebbe rimboccarsi le maniche e fare a pezzi l’Iran per quello che ha fatto a Israele. Colpiteli così duramente che i nostri nemici torneranno a temerci”. Gli fa eco il figlio Matt, erede del potente network del sionismo cristiano costruito dal padre: “Il Segretario di Stato non ci tirerà fuori da questa situazione…Dio dice a Ezechiele esattamente come difenderà Israele. Parla di far piovere fuoco, grandine e zolfo. È un assalto aereo celeste”[15].

Voci radicali ed isolate? Difficile minimizzare rileggendo alcuni recenti discorsi di  Mike Johnson, speaker della Camera dei Rappresentanti e voce autorevolissima del Partito Repubblicano. Non disdegnando di paragonarsi a Mosè, detta la linea di politica estera del suo partito e della futura amministrazione Trump: “Resteremo al fianco del nostro amico e alleato Israele… Credo che Dio non abbia ancora finito con l’America e so che non ha finito con Israele”[16].

Negli anni di Trump, insomma, si è creata una miscela ideologica ben definita  del «nazionalismo religioso»27 che intreccia populismo, radicalismo conservatore e patriottismo nazionalista: Bibbia e John Wayne, God Bless America e sogno reazionario di “rifare grande l’America”. Questo il mix politico-religioso che ha animato l’insurrezione del 6 gennaio 2021 a Capitol Hill.  

Come rileva il New York Times, vi sono pochi dubbi che oggi il sostegno del movimento evangelical nordamericano sia una delle risorse più efficaci del soft power israeliano: oggi a sostegno del pugno duro di Netanyahu a Gaza ma anche di scelte più dure e radicali che potrebbero essere prese domani, da un governo di Gerusalemme ulteriormente sposta a destra. La forza di questa opzione – sottolinea la testata –  è insieme  politica e teologica, dal momento che il sostegno a Israele da parte dei cristiani conservatori costituisce la spina dorsale della posizione dei Repubblicani e si collega alla fede nelle profezie bibliche”[17].

Conclusioni

Quello tra Trump e gli evangelical è un filo che non si è mai rotto ed anzi, negli anni della presidenza Biden, si è rafforzato. Una percentuale tra il 76% e l’81%[18] di questa influente componente religiosa che ormai si configura come una vera e propria lobby che sembra in grado di condizionare il Congresso e si dichiara pronta a rivotare The Donald per un altro mandato presidenziale.  Agli  occhi degli evangelical, nel tempo di una profonda crisi morale e di decadenza del mito americano, solo un uomo forte, determinato, schietto e rude come Trump può “rimettere le cose a posto”, con la forza di una mascolinità alla John Wayne, rozza e paternalistica, autoritaria e populista, ma efficace. E’ la tesi di un recente best seller che, studiando il linguaggio così come la postura religiosa, politica e caratteriale di Trump, arriva a concludere che l’ultima generazione evangelical, persa l’innocenza del fondamentalismo biblico delle origini che polemizzava contro l’evoluzionismo darwiniano[19] o il missionarismo evangelistico di Billy Graham[20] che girava il mondo predicando la conversione a Cristo, è preda di una ideologia nazionalreligiosa in cui “Gesù diventa un Leader Guerriero, l’Ultimo Combattente, un Cavaliere protetto da una corazza scintillante,  William Wallace[21], il generale Patton, un tipo che non muore mai, un lavoratore di campagna con i calli alle mani, muscoloso, il che potresti trovare alle convention della NRA[22]. Gesù era un duro” [23].  Angosciati dalla decadenza americana, gli evangelical l’attribuiscono a una corruzione dei costumi che si esprime nella disgregazione dei valori tradizionali, a iniziare dalla famiglia: la possibilità di abortire, il tracollo del modello patriarcale a vantaggio dell’ideologia femminista e di genere, le norme che riconoscono e tutelano le coppie LGBT, la rinuncia a rivendicare le radici cristiane dell’America nel nome della correttezza politica dell’inclusività, la stessa tolleranza nei confronti degli immigrati portatori di culture diverse da quella tradizionale, l’accettazione dell’islam come componente della società americana  sono causa ed espressione di una crisi che non è solo politica ma anche e soprattutto morale. La partita delle elezioni presidenziali del prossimo novembre si giocherà anche su questo piano.


[1] Il letteralismo nell’interpretazione della Bibbia, ritenuta inerrante Parola di Dio fu il tratto caratteristico del primo dei fondamentalismi – il termine nacque in ambito protestante – sorto come scuola teologica in alcuni seminari degli USA all’inizio del XX secolo, cfr. P. Naso, Tra radicalità evangelica e tentazione politica. I diversi volti del fondamentalismo cristiano, in S. Allievi, D. Bidussa, P. Naso, Il libro e la spada. La sfida dei fondamentalismi, Claudiana, Torino, 2000.

[2] R. Reed, Separation of Church and State: “Christian nation” and “other heresies”, in After the Revolution: how the Christian Coalition is impacting America,  Word Inc., Dallas TX 1994.

[3] K. Phillips, American Theocracy. The peril and politics of Radical Religion, oil and borrowed money in the 21th Century, Viking, New York 2006.

[4] Pew Center, More White Americans adopted than shed evangelical label during Trump presidency, especially his supporters, 5 settembre 2021, online (26 gennaio 2024).

[5] Cfr. P. Naso, Come una città sulla collina. La tradizione puritana il movimento per i diritti civili, Claudiana, Torino 2008.

[6] J. Edwards, The Latter Day Glory is Probably to Begin in America, testo del 1732 , in C. Cherry, God’s New Israel. Religious Interpretation of American Destiny, The University of North Carolina Press, Chapel Hill-London, 1998, p. 55.

[7] 5 T.P. Weber, On the Road to Armageddon. How Evangelicals Became Israel’s Best Friend, Baker Academic, Grand Rapids 2004, p. 15.

[8] Sull’origine del “sionismo cristiano”, D. M. Lewis, The Origins of Christian Zionism. Lord Shaftesbury and Evangelical Support for a Jewish Homeland, Cambridge University Press, Cambridge 2010; una sintesi del pensiero e della strategia del sionismo cristiano, in P. Naso, Sionisti con la croce, Limes, n. 7/2010

[9] Hal Lindsey (con C. C. Carlson), The Late, Great Planet Earth, trad. italiana Addio terra, ultimo pianeta, Editrice Battista, Altamura 1974.

[10] La collana dei Left Behind comprende sedici titoli, chiaramente esplicativi dello schema narrativo del fondamentalismo apocalittico americano: Left Behind, Tribulation Force, Nicolae: The Rise of Antichrist, Soul Harvest, Apollyon, Assassins, The Indwelling: The Beast Takes Possession, The Mark: The Beast Rules the World, Desecretion: Antichrist Takes the Throne, The Remnant, Armageddon, Glorious Appearing, The Rising: Antichrist is Born, The Regime: Evil Advances, The Rapture, Kingdom Come. Alcuni volumi pubblicati in italiano da Armenia.

[11] Il provvedimento del 2017 intendeva vietare o limitare drasticamente l’ingresso negli USA a cittadini provenienti da 7 paesi islamici: Somalia, Sudan, Iran, Iraq, Siria, Yemen e Libia. Per evidenti ragioni commerciali o geopolitiche, altri paesi islamici vennero esclusi, a iniziare da Pakistan e Arabia Saudita.

[12] S. Posner, Unholy. How Withe Cristians Nationalists Powered the Trump Presidency, and the devastating Legacy They Left Behind, Random House, New York 2020.

[13] Così Marjorie Taylor Greene,  congresswoman per la Georgia: “Gesù è stato arrestato e assassinato dal governo romano. Ci sono state molte persone nel corso della storia che sono state arrestate e perseguitate da governi radicali corrotti, ed è quello che sta accadendo oggi a New York City”, Marjorie Taylor Greene compares Trump to Jesus before his arrest and arraignment in New York, USA Today, 4 aprile 2023.

[14] G. Bauer, “President Pushes Palestinian State”, American Values, 17 luglio 2007, cit. in S. Spector, Evangelicals and Israel The Story of American Christian Zionism, Oxford University Press, Oxford 2009, p. 249.

[15] American Evangelicals Await the Final Battle in Gaza, The Nation, 2 novembre 2023.

[16] Jewish Insider, We are going to stand like a rock with our friend and our ally Israel,’ new House speaker tells RJC, 30 ottobre 2023 (online, 29 gennaio 2024)

[17] For American Evangelicals Who Back Israel, ‘Neutrality Isn’t an Option’, New York Times, 15 ottobre 2023.

[18] K. K. Du Mez, Jesus and John Wayne. How With Evangelicals Corrupted a Faith and Fractured a Nation, New York 2020, XVII.

[19] P. Naso, La polemica antidarwiniana negli USA tra religione e politica, Protestantesimo, vol. 65: 1-2010, p. 56.

[20] Definito il “cappellano d’America” è stato consigliere spirituale di vari presidenti che, nella cerimonia d’insediamento, hanno giurato nelle sue mani. Promotore di varie crociate evangelistiche in tutto il mondo, sia pure con prudenza e senza esporsi troppo, fu vicino alle battaglie per i diritti civili guidate da Martin Luther King e alla fine degli anni ’80 si espresse per il disgelo tra Est e Ovest e per un disamo bilanciato tra le superpotenze. Politicamente super partes ha mantenuto rapporti con presidenti sia repubblicani che democratici. Assai popolare la sua autobiografia, Just as I am, San Francisco 1997.

[21] Il popolano e patriota scozzese che alla fine del XIII secolo guidò i suoi connazionali alla ribellione contro l’occupazione della Scozia da parte degli Inglesi, personaggio simbolo di un nazionalismo populista e popolare.

[22] National Rifle Association, la potentissima lobby dei possessori e produttori di armi, fondata a New York il 17 novembre 1871, viene talvolta  definita come la più antica organizzazione per i diritti civili degli Stati Uniti, dove il possesso e il porto di un’arma costituisce un diritto civile protetto dal II emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America.

[23] K. K. Du Mez, Jesus and Joahn Wayne,  Cit., …, p. 297.


*Paolo Naso insegna Scienza politica alla Sapienza – Università di Roma. Collabora con varie istituzioni accademiche italiane e internazionali specializzate nel campo delle discipline socio-religiose. Per la Federazione delle chiese evangeliche in Italia ha diretto Mediterranean Hope – Programma Rifugiati e Migranti. Attualmente coordina il Consiglio per le relazioni con l’Islam istituito presso il Ministero dell’Interno.

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