Cosa ci insegnano le elezioni in Lombardia per la costruzione di Unione Popolare

Mara Ghidorzi *

Le recenti mobilitazioni francesi contro la riforma delle pensioni voluta dal Presidente Macron ci spingono a guardare un po’ con invidia quello che succede oltralpe. 

Azioni radicali, scioperi generali e manifestazioni popolari stanno attraversando tutte le principali città della Francia , con toni sempre più conflittuali  e un ampio coinvolgimento trasversale di tutta la popolazione, a partire da giovani e studenti, che saranno la  futura forza lavoratrice precaria.

Ci sarebbe da scrivere molto sul ruolo e la funzione dei sindacati, ma simbolicamente basta ricordare che mentre la CGT lanciava l’ennesimo sciopero generale e organizzava  casse di solidarietà per sostenere gli scioperi ad oltranza, qui in Italia il dibattito verteva sull’opportunità o meno di invitare Giorgia Meloni al congresso del più grande sindacato italiano, la CGIL. Sappiamo poi com’è finità, purtroppo.

L’assenza di rappresentanza, in Italia, si sente anche sul fronte politico e rende ancora più evidente la necessità storica e l’importanza di una grande forza politica in grado di rappresentare le lotte sociali, e che sappia  mettere al centro dell’agire politico quelli che, nell’ultima campagna elettorale in Lombardia di Unione Popolare, abbiamo chiamato i “margini”.

Sono i “margini” di Bell Hooks1, filosofa femminista afroamericana. Una posizione situata che, certo, è luogo di oppressione e di privazione ma è anche “un luogo di radicale possibilità, uno spazio di resistenza”. È una teoria dirompente perché spezza il nesso scontato tra marginalità e vittimizzazione, tra oppressione e rassegnazione, tra i primi e gli ultimi.

I margini, quindi,  sono tutte quelle persone, donne e uomini come noi, lontane dai riflettori, perché non funzionali alla retorica delle rappresentazioni dominanti che decantano questo sistema neoliberale in decadenza, come unico modello di sviluppo. Sono le persone che fanno fatica a pagare le bollette, che non riescono a stare in regola con l’affitto, che vivono di lavoro povero e precario o che il lavoro non ce l’hanno; le persone che non possono permettersi la sanità privata e il lusso del green esclusivo per ricchi. Le persone che in Francia stanno lottando per avere più tempo di vita per sé, da sottrarre al lavoro.

Con questa lettura,  il margine diventa uno sguardo oppositivo e dissidente, e deve diventare la nostra prospettiva politica. Perché solo quando la teoria è con e per le persone e la loro vita quotidiana, e non al posto delle persone, allora sì che è politica.

Ed è proprio quello che è successo in Francia.

Ma cosa rende una forza credibile e attrattiva alle masse popolari?

Io penso sia la riconoscibilità del suo progetto politico e il “riconoscersi”. Per arrivare a ciò, come prima cosa dovremmo porci una serie di domande. Sulla forma organizzativa, sui linguaggi, sulla capacità di radicamento e di guida delle mobilitazioni e dei movimenti.

Perché, per esempio, un giovane lavoratore precario o una giovane precaria dovrebbero seguirci? Che risposta politica diamo ai suoi bisogni, in che modo possiamo fargli capire quanto sia importante organizzarsi in un’azione collettiva volta a riprendersi tutto ciò che ci è stato tolto negli ultimi anni? Parliamo di diritto a un lavoro stabile, dignitoso e sicuro; parliamo di diritto all’abitare, di diritto ai servizi essenziali: casa, sanità e welfare.

Non si tratta solo di dire cosa faremmo noi se fossimo al governo, nella giunta di una città o alla presidenza di una Regione; si tratta piuttosto di sviluppare coscienza e di dare quella spinta “mobilitativa” sempre più necessaria in una società sempre più individualizzata.

Negli ultimi quindici anni invece, siamo andati troppo spesso in cerca di astratti progetti elettorali, verticistici e senza alcuna visione politica se non quella a breve raggio elettoralistica per la quale, a ogni esito negativo, si è sempre dovuto ricominciare da capo. A ogni tornata elettorale, un simbolo e un progetto differenti.

Per la prima volta, con Unione Popolare siamo stati in grado di trasmettere la percezione di un cambio di fase, un atto di responsabilità per un progetto politico che prosegue, pur con tutte le sue difficoltà e contraddizioni.

Questo è la sfida che abbiamo raccolto a settembre nelle elezioni nazionali anticipate, lanciando Unione popolare, e a dicembre presentando le liste regionali in Lombardia e Lazio, con un profilo di continuità che ci ha permesso di portare i nostri contenuti con più credibilità. Condizione necessaria ma non sufficiente ovviamente, perchè quei “margini” che volevamo portare al centro sono ancora e sempre più fuori dai luoghi della decisione e del potere, in un limbo tra rassegnazione e protesta silenziosa.

Tuttavia, nella desertificazione della politica lombarda, che ha visto partecipare al voto poco più del 40% della popolazione e dove tutti i partiti di opposizione hanno visto quasi dimezzare i propri voti assoluti rispetto alle politiche di settembre, Unione Popolare tiene. In termini percentuali Unione Popolare passa dal 1,1 delle politiche al 1,5. Certo, è poco, ma  segna comunque la propria presenza e favorisce  il lavoro, dal basso, sui territori, che ricordiamo è iniziato solo sei mesi prima

Quindi, se c’è una cosa positiva che ci portiamo a casa dalle elezioni regionali, è proprio questo: la maturazione e il radicamento politico, al di là del risultato elettorale che comunque, in Lombardia ci ha permesso di tenere e consolidare il nostro bacino di influenza e di tenere vivo il corpo militante, in una fase politica non certo entusiasmante.

Credo anche che l’esperienza di questa campagna elettorale abbia dato l’occasione a Unione Popolare Lombardia di essere in qualche modo da stimolo alla “ri-attivazione” del percorso nazionale, che da mesi galleggiava in una sorta di immobilismo statutario.

Unione Popolare vive e può crescere solo praticando politica reale, promuovendo campagne popolari, cercando di dare una risposta organizzata ai problemi reali del Paese.

Positivo, in tal senso, che già nei primi giorni successivi alle elezioni,  come coordinamento regionale provvisorio ci siamo riuniti per impostare il rilancio di UP sui territori.

Per prima cosa abbiamo convocato in tempi brevi un’assemblea regionale di “bilancio-rilancio” ,senza commettere lo stesso errore di ottobre di aspettare indicazioni dal nazionale. Abbiamo ritenuto importante darci delle forme organizzative provvisorie, come assemblee e coordinamenti territoriali,  al fine di non disperdere quelle energie nuove che si sono avvicinate a noi durante la campagna elettorale. Forme organizzative utili per portare avanti campagne e iniziative su temi locali e nazionali.

Abbiamo, per esempio,  impostato una campagna regionale contro la guerra chiedendo a tutti i territori di promuovere banchetti e volantinaggi, abbiamo partecipato alla manifestazione di Ghedi indetta per il 1 aprile da movimenti e realtà pacifiste, dove eravamo la forza organizzata  più presente. Sempre sulla guerra, abbiamo dato piena solidarietà e appoggio al movimento portuale dei CALP, organizzando una buona partecipazione regionale alla manifestazione di Genova.

Abbiamo anche lavorato su temi più strettamente locali, stiamo per esempio partecipando attivamente al comitato contro la Pedemontana, l’ennesima inutile grande opera, devastante per il territorio ma che porterà solo benefici al trasversale partito del cemento.

Opportunità e rischi

Tutto bene quindi? Non proprio tutto, vedo alcuni rischi.

Che si ricominci con una  tossica discussione sulle alleanze fini a se stesse, che rischia di rovinare tutto il difficile lavoro di costruzione di Unione Popolare. Anche per le elezioni regionali in Lombardia, per esempio, siamo partiti in ritardo perché inizialmente bloccati sull’attesa di decisione di “altri” che poi hanno preferito lidi più sicuri. Non sono contraria per principio alle alleanze (purché ovviamente  siano in alternativa al Partito Democratico), ma la nostra priorità attuale è il rafforzamento e la costruzione di Unione Popolare. 

che Unione Popolare diventi il mero contenitore delle forze politiche che attualmente la compongono, dove il dibattito è caratterizzato dallo scontro fra le dirigenze tra tali forze. Questo porterebbe UP a essere sempre più autoreferenziale fino al suo fallimento. Dobbiamo invece lavorare perché UP possa diventare un cantiere vivo, dinamico di raccordo e accordo delle varie identità e progettualità della sinistra di alternativa, comunista, anticapitalista. 

Mi immagino Unione Popolare come una  forza politica plurale ma con una sua precisa identità popolare e di classe, che sappia essere punto di rottura di quel modello consociativo che vede centrodestra e centrosinistra condividere le peggiori scelte criminali di devastazione del territorio, di attacco ai diritti sul lavoro, fino alle recenti politiche guerrafondaie. Deve essere in grado di dotarsi di strumenti di analisi che sappiano leggere con rapidità i cambiamenti in atto nella società e le trasformazioni del capitalismo per dare le giuste risposte politiche organizzative e culturali.

Una società sempre più complessa e frammentata necessita di risposte in grado di gestire questa complessità anche a livello politico. Il nostro compito deve essere quello di interpretare il bisogno di cambiamento che si manifesta, anche a livello giovanile, su temi specifici, dandone però una visione complessiva e intersezionale.

Abbiamo di fronte una fase politica in cui non ci sarà spazio per una visione moderata.  Le politiche repressive e di austerità che attraversano l’Europa, sempre più asservita ai progetti guerrafondai della NATO, faranno crescere il malcontento e le disparità. Starà a noi organizzare e sostenere la risposta popolare, verso un cambiamento della società in ottica anticapitalista.


1 Bell Hooks Elogio del Margine 1998


* Mara Ghidorzi è progettista e ricercatrice sociale, specializzata in politiche di genere. Attivista transfemminista e ciclista marxista, è componente del coordinamento nazionale provvisorio di Unione Popolare e membro della Direzione del PRC/SE. È stata candidata Presidente per Unione Popolare nelle elezioni regionali 2023 della Lombardia.

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