Diritto all’abitare e pratiche di resistenza. L’unica via percorribile, insieme

Monica Sgherri*

La profonda difficoltà di accedere a una casa sul mercato privato delle locazioni coinvolge sempre più anche le famiglie con lavoratori a tempo indeterminato: siamo ad una costante che si allarga, non a un’emergenza temporanea.

La situazione

Dopo la cancellazione dei fondi Gescal, nessuna fonte di finanziamento stabile, e neanche “piani-casa”, sono stati individuati per l’edilizia pubblica (ad eccezione del Governo Prodi, con il ministro Ferrero: una parentesi troppo breve). Risultato: oggi l’Edilizia Residenziale Pubblica (ERP) in Italia, con solo il 4% del patrimonio abitativo, è fanalino di coda in Europa.

Questo perché il PD aveva allora scommesso sul riequilibrio “naturale” del mercato, grazie a politiche che avrebbero “temperato” lo sviluppismo neo-liberista, “abolendo” così la povertà: tutti provvedimenti a favore della “fascia grigia”, che prevedevano in espansione, e interventi residuali per le fasce più deboli, che avrebbero dovuto diminuire. Obbiettivo fallito. Ora la pandemia moltiplica semplicemente i danni sociali già registrati, quello dell’allargamento spaventoso della forbice sociale, di cui la casa è un indicatore significativo: 700 mila sfratti emessi negli ultimi 10 anni antecedenti alla pandemia, di cui il 90% per morosità, quasi tutti incolpevoli.

In aumento le richieste di esecuzione con la forza pubblica. In disagio abitativo 1.700.000 famiglie (l’affitto incide sul reddito familiare per oltre il 30%); 700.000 invece le famiglie in graduatoria comunale per l’assegnazione di un alloggio, destinate ad aumentare con la crisi Covid.

In questo contesto di crescita del più che ventennale bisogno-casa, i provvedimenti più significativi sono stati per la rendita immobiliare, come l’eliminazione dell’IMU per l’invenduto dei grandi proprietari, la stessa tassa che invece non è stata cancellata per le società pubbliche che gestiscono l’ERP per conto dei Comuni (alloggi equiparati a seconde case!!).

Oppure provvedimenti tampone: il fondo per il contributo-affitto va a sostituire l’assegnazione di un alloggio popolare, condannando così la famiglia a una dipendenza cronica e sottoponendola annualmente al calvario per il rinnovo del (ridotto) contributo. Così come il fondo per la morosità incolpevole, con il risultato che spessissimo il proprietario ha preferito libera- re l’immobile rinunciando all’offerta di risanamento del debito.

Nelle regioni

In quanto alle Regioni, per Lombardia, Liguria, Toscana, Abruzzo registriamo: assenza di risorse proprie aggiuntive, riduzione della platea degli aventi diritto e precarizzazione del diritto all’abitare.

Inoltre, lisciando il pelo a razzismo e populismo, si è ammessi al bando, con una – innalzata – anzianità di residenza: in Lombardia di 10 anni, ridotti poi a 5 per annullamento della Corte Costituzionale; di 5 anni per Liguria,

Abruzzo e Toscana; quest’ultima abbina però un punteggio premiante l’anzianità in graduatoria: 0,30 punti in più per ogni anno. Insomma prima i nostri, poi gli italiani, poi i comunitari ed infine gli extra-comunitari. L’annullamento, da parte della Corte Costituzionale, dei 5 anni di residenza previsti nella legge dell’Abruzzo, riapre la partita in molte regioni e dovremo lottare.

La Toscana inoltre applica un sistema per collocare l’ERP nel capitolo dell’assistenza, nel quale non è tanto il bisogno-casa ad avere la precedenza (sfratto esecutivo, inabitabilità, mancanza di igiene, sovraffollamento, ecc.), bensì la presenza nel nucleo familiare di portatori di handicap (malattia, infermità, anzianità anagrafica); per chi alla fine accede, un calvario: autorizzazione ad abitare (e non assegnazione), temporaneità, divieto di ricongiungimento familiare, richiesta l’assenza di condanne penali (superiori a 5 anni), anche se espiate, di tutti i componenti il nucleo familiare!

La necessità di un piano casa straordinario

Con la crisi Covid, le domande per contributi in conto-affitto sono in media triplicate e in alcune città ad alta tensione abitativa anche decuplicate. E questo nonostante che in molte realtà l’accesso per presentare le domande sia stato bloccato. Ma il blocco della esecuzione degli sfratti non ha fermato l’iter processuale, pertanto si prospetta uno tsunami sociale se e quando il blocco non verrà reiterato.

Noi diciamo che la scadenza non può essere quella del giugno 2021, ma va legata alla realizzazione di un piano casa straordinario! Eppure in questi anni si è costruito molto, ma non per il bisogno-casa: lo stock di alloggi costruiti non utilizzati, o sottoutilizzati, è superiore alla domanda inevasa di abitazioni!

In diverse città del Sud il numero dei vani costruiti supera quello degli abitanti, mentre in molte aree interne gli edifici sono più degli abitanti. Con conseguente consumo di suolo, cementificazione, degrado territoriale, abbandono e vittoria di rendita e speculazione.Nelle città troviamo la stessa desolazione: centri storici desertificati, vocati al commercio e al turismo (esplosione dei B&b, street food ecc.), a fronte di periferie-dormitorio cresciute oltre misura. Scompare l’abitare come luogo di aggregazione e socialità. Ci vorranno anni per tornare alla situazione pre-Covid nelle nostre città: un vuoto da riempire con buone politiche di ritorno alla residenza, di servizi, lavoro e attività compatibili con la residenza.

Vere Disneyland a cielo aperto sono state ridotte dalla crisi a città-fantasma: la chiusura di tutti gli alberghi lo dimostra.

Le possibilità di sopravvivenza, nelle grandi città, sono state di fatto ostacolate dal potere della rendita finanziaria e immobiliare: la riconsegna delle licenze è causata da un affitto troppo alto per consentire l’attività anche a ritmi ridotti.

La bolla immobiliare è scoppiata nelle estreme periferie, ma la precarizzazione delle condizioni di lavoro non permette comunque a molte famiglie di accedere ad affitti o ad acquisti. Mentre nei centri storici il mercato delle locazioni sembra reggere: alberghi, B&B, negozi turistici chiusi attirano gli interessi di grandi speculatori immobiliari privati, capaci di acquistare a basso prezzo, approfittando della mancanza di liquidità dei piccoli proprietari.

Tutto questo si deve alla mancanza di politiche urbanistiche diversamente concepite, di un nuovo modello di sviluppo urbano basato su lavoro, saperi e cultura diffusa.

La sfida è coniugare bisogno-casa e diritto all’abitare, cominciando dal ritorno alla residenza del patrimonio immobiliare abbandonato e sottoutilizzato. Si può fare: Lisbona, ad esempio, annuncia di sottrarre gli alloggi ai B&B per riconsegnarli alla residenza stabile.

Le risorse per affrontare questa crisi con ricadute anche occupazionali ci sono, con piccoli interventi di ristrutturazione e manutenzione anche in autocostruzione. Un piano-casa straordinario dai tempi rapidi e certi, a consumo di suolo zero, per implementare gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, con un riuso del patrimonio pubblico compatibile con la residenza (di immobili dello Stato, delle Regioni, dei Comuni, dell’Esercito, delle Inps, delle Asl, del demanio ecc.).

E dobbiamo pretendere di accedere alla ricognizione del patrimonio pubblico dismesso (già previsto nelle circolari Minniti e poi Salvini). Questa scelta chiede a Comuni e Regioni di abbandonare l’aspirazione da “piccolo imprenditore avido di speculazione”, per contribuire invece con risorse proprie aggiuntive a piani straordinari per la casa, destinando il proprio patrimonio immobiliare dismesso ad alloggi popolari e social housing. E garantire il passaggio ‘da casa a casa’ anche ricorrendo alle requisizioni.

Vi sono ordini del giorno consiliari approvati all’unanimità, presentati da consiglieri del PRC o di liste di cittadinanza sostenute anche da noi, che lo chiedono.

Urlano vendetta le decine di migliaia di appartamenti ERP vuoti in attesa di manutenzione ordinaria e straordinaria: occorre agevolare il recupero degli immobili, anche in autocostruzione.

Le risorse economiche ci sono, dai fondi europei ai fondi ex Gescal ancora non spesi; mentre altre risorse possono arrivare dalla lotta all’evasione fiscale, dalla cancellazione della “cedolare secca” (per la quale il patrimonio invenduto è esente IMU! – quando, al contrario, i grandi proprietari andrebbero pesantemente tassati per il “vuoto”), alla cancellazione dell’IMU per le società di gestione del patrimoni ERP.

Occorre individuare una fonte di finanziamento certa dell’edilizia residenziale pubblica: per esempio, per mezzo di una percentuale vincolata dell’IMU, come tassa di solidarietà.

È inoltre urgente una nuova legge sulle locazioni private, che impedisca canoni usurai e sia di contrasto ai B&B.

Il ruolo degli sportelli casa

Il dramma della casa si è consumato nella solitudine delle famiglie più fragili, senza difesa, senza solidarietà di vicinato, umiliate dalla forza pubblica fuori della porta il giorno dell’esecuzione dello sfratto. Dobbiamo rompere questo processo.

Gli sportelli-casa danno risposta anche ai più poveri dei poveri; una pratica di mutualismo che è andata a coprire un vuoto sociale e politico. Ci siamo accorti che molti sfratti potevano essere rimandati, perché l’accelerazione dei provvedimenti dipendeva dal sapere (o dal credere) le famiglie senza difesa; mentre il Comune non si presentava credendo di poterlo fare, e così via.

Laddove sono nati gli sportelli-casa – che già si praticasse o meno un’attività di mutualismo – si è messo in moto un circolo virtuoso: spesa sociale, sostegno alle bollette non pagate, rigattiere militante, ecc.

Aprire uno sportello-casa nei Comuni ad alta tensione abitativa, lavorare attivamente e costruire la rete degli sportelli-casa che già operano sul territorio: su questo dobbiamo impegnarci.

Molto fanno gli sportelli casa: informano la famiglia dei suoi diritti e la mettono in condizione di praticarli e di resistere allo sfratto, rifiutando la proposta del Comune quando si tratta di una sistemazione per un solo mese (questo è nei fatti un aiuto alla proprietà); supportano le famiglie nel pretendere il sostegno del Comune, per il passaggio ‘da casa a casa’; aiutano a compilare i complicatissimi moduli di partecipazione ai vari bandi; ottengono il rinvio degli sfratti per il tempo necessario a trovare una soluzione idonea; infine organizzano le famiglie ‘sotto sfratto’ nella richiesta di assegnazione, anche in auto-recupero, di un alloggio in un edificio pubblico in disuso.

E, certo non da ultimo, impediscono che la famiglia sia sola davanti alla forza pubblica e all’ufficiale giudiziario il giorno dello sfratto: la mobilitazione per la difesa della famiglia è una forma di denuncia politica dell’insufficienza e dell’assenza dell’Amministrazione comunale, che può e deve tradursi in rinvio dello sgombero in assenza di soluzione alternativa.

Il contributo dei compagni e delle compagne di Rifondazione agli sportelli è fondamentale: dalla messa a disposizione delle proprie sedi per l’apertura di sportelli, alla funzione di sportelli storici come quello di Bergamo – oggi dell’Unione Inquilini -, e come quello di Roma dove, oltre all’attività di supporto alle famiglie, vengono svolte azioni fondamentali in difesa dei nuclei famigliari sistemati da anni in alloggi occupati e oggi ‘sotto sgombero’, o vertenze nei confronti della Regione, che da anni promette una legge sull’edilizia residenziale pubblica. O come a Campi Bisenzio, dove per la prima volta nella storia opera uno sportello-casa.

Infine, a Firenze opera lo sportello “Resistenza casa” in una delle ultime isole di residenza popolare nell’area-Unesco della città.

Ora l’obiettivo è consolidare – a scopi solidali e non competitivi – la rete dei soggetti (partiti, movimenti, associazioni) che operano a difesa de Diritto-casa a livello locale e nazionale.

Se il blocco degli sfratti non sarà rinnovato a giugno 2021, si verificherà un disastro sociale al quale dobbiamo essere pronti a rispondere, lavorando come detto e chiedendo provvedimenti strutturali e non ‘a tampone’. A cominciare dal ricordato piano straordinario per la casa. Il coordinamento degli sportelli-casa, delle realtà sociali sindacali e politiche che lavorano su questo terreno, è il nostro obiettivo prioritario per costruire conflitto sociale e conquistare attenzione e risposte.

Il mese di giugno ‘21 sarà un mese di lotta, con presìdi davanti ai Comuni e alle Regioni, e nei quartieri popolari. La scadenza del 30 giugno del blocco della esecuzione degli sfratti non può arrivare senza che il drammatico bisogno-casa e il diritto all’abitare siano tornati scritti a caratteri cubitali sull’agenda del Governo nazionale e locale: una casa per chi ne ha bisogno, mai più senza casa!


* Monica Sgherri è responsabile nazionale PRC Diritto alla casa, diritto all’abitare


Foto di Matt De Lanoy da Flickr.com

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