Forse non è solo una questione di spiritualità: socio-politica e contemporaneità
Eleonora D’Agostino*
Quando si parla di mondo contemporaneo nel dibattito pubblico, il concetto di religione o di spiritualità entra attraverso due modalità: o si parla di religione/spiritualità facendo riferimento alla tradizione egemone, o si parla di religione/spiritualità come irrazionale strascico passatista in contrasto con la modernità e la secolarizzazione. Si tende, in sintesi, a vedere la religione/spiritualità come qualcosa legato al passato (non per forza in senso negativo), che se incontra la modernità lo fa solo per personale tornaconto promozionale (secondo i più recalcitranti razionalisti) o perché la necessità socio-culturale, per l’appunto, lo ha reso necessario per sopravvivere. Spesso, infatti, nel senso comune “occidentale”, le spiritualità nate o sviluppatesi nel contemporaneo sono valutate come mode culturali, a volte passeggere a volte più fortunate. E il mondo della spiritualità entra anche all’interno dei discorsi sull’adolescenza, nel momento in cui il fenomeno delle “baby witch” si collega a quel moto rivoluzionario tipico di un’età in cui si decostruisce tutto ciò che è stato trasmesso, persino l’insegnamento religioso “tradizionale”.
Ma se l’emergere di alcune visioni del mondo, soprattutto in seno alle generazioni più giovani, fosse il segnale di qualcosa di più profondo di una moda culturale? E se alcuni modi di percepire e abitare il mondo fossero il segnale di qualcosa di più socio-politico di quello che si sarebbe portati a pensare, seguendo le molteplici vulgate?
1. Di miti e società
In un recente libro dai toni divulgativi, Il mondo che avrete. Virus, antropocene, rivoluzione, gli autori (Marco Aime, Adriano Favole e Francesco Remotti) hanno sottolineato come la società contemporanea egemone di stampo “occidentale”, prestando il fianco al mito dello sviluppo infinito, abbia creato un approccio al mondo che non si cura in modo funzionale dei propri posteri. Preso atto di questo, i tre antropologi si augurano che in seno alla società globale di stampo “occidentale” nasca una nuova mitologia/ideologia di riferimento, che sostituisca il mito dello sviluppo infinito, in modo che si cominci ad agire concretamente e positivamente per il mondo da lasciare alle generazioni che verranno. Una mitologia alternativa, però, anche se cresciuta sempre in opposizione al potere egemone, esiste già da molto tempo e negli ultimi anni sta avendo sempre più eco.
Chi mi conosce sa che, tra i miei terreni di elezione in qualità di antropologa culturale, ci sono le religioni e le spiritualità nel contemporaneo, e da due anni e mezzo a questa parte sto facendo ricerca sul tema del paganesimo contemporaneo in Italia. Il paganesimo contemporaneo è un termine ombrello che include molte realtà diversificate e dai presupposti diversi, le quali però – in generale – sono accomunate da quattro principali visioni del mondo: la necessità di un cambio di paradigma da antropocentrico a ecocentrico; un’avversione nei confronti dei processi della globalizzazione; un afflato anticapitalistico; e un continuo riferimento ai popoli del passato (anche preistorici) e ai popoli “di interesse etnografico”, risignificati come antesignani del proprio sentire spirituale (spesso, ma non sempre, in opposizione alle religioni abramitiche).
Il paganesimo contemporaneo come fenomeno storico e culturale fa i suoi primi vagiti addirittura nel Rinascimento, e il fenomeno comincia a consolidarsi socialmente a partire dall’800 anche come reazione alla società industriale e al razionalismo positivista dilagante. Non c’è qui lo spazio per approfondire in modo dettagliato la storia del paganesimo contemporaneo come processo, ma per i più curiosi rimando al capitolo di Nevill Drury, “The Modern Magical Revival”, nel libro Contemporary Paganism a cura di James R. Lewis e Murphy Pizza (2009).
2. Di paganesimo contemporaneo ed ecologia profonda
Per quel che è utile sapere ai fini del nostro discorso, però, è da sottolineare come negli anni ’70 del ‘900 il paganesimo contemporaneo incontrò l’ecologismo (tanto che “Gaia” fu assimilata alla “Grande Dea” dei movimenti Wicca), creando una proficua collaborazione che è stata sancita ancora più fermamente nel momento in cui l’attivista Starhawk, neopagana ed ecofemminista, praticò insieme ad altri delle danze rituali durante le proteste del movimento ecologista “Earth First!”.
È forse da questo momento in poi che, in un’intensa collaborazione tra ecologia profonda e paganesimo contemporaneo, quest’ultimo cominciò ad avere la sua dimensione politica più ecumenica e ad ampio spettro. Negli anni precedenti, il paganesimo contemporaneo come processo si era avvicinato alla politica in un modo più nascosto ed elitario, con esempi eclatanti nell’ambito della cultura di destra come il Gruppo di Ur di Julius Evola, a rappresentare un tipo di approccio politico totalmente estraneo a quello che fu, sia per messaggi che per azioni, il mondo del paganesimo contemporaneo predominante dagli anni ’70 in poi.
E Vittorio Lanternari, nel suo “Ecoantropologia” (2003), nota come le iniziative nate in seno al movimento Wicca ebbero un’influenza anche su altri gruppi nell’ambito del paganesimo contemporaneo, come quelli druidici ed eteni, all’interno dei quali in precedenza non vi era stata un’apertura al mondo femminile e non si tendeva ad avere un approccio ecumenico alle problematiche politiche e sociali.
Noterà infatti Lanternari che “dobbiamo a questo punto inferire che la filosofia delle witches, come di altri gruppi contestatari, punta a un ampliamento della prospettiva ambientalista originaria verso una concezione aggiornata di democrazia […]. [E]ssa infatti comporta, oltre al principio del rispetto dovuto nei rapporti tra differenti gruppi culturali, linguistici, religiosi, etnici e razziali, anche il particolare riconoscimento del legame ineludibile d’ogni gruppo, società o comunità, con la sua «base territoriale” (Lanternari 2003: 212).
3. La possibilità di essere (e di far esistere) qualcosa di diverso
Il paganesimo contemporaneo è figlio della sua storia e del suo essere nato come un movimento in opposizione a dei modelli egemoni dello spirituale e degli stili di vita nel corso delle varie epoche in cui si è presentato, e negli ultimi anni esso ha sempre di più aumentato il suo bacino di utenza, fino a diventare una mitologia di riferimento anche per chi nelle pratiche del paganesimo non si riconosce, ma riconosce la portata simbolica di determinati discorsi mitologici nel momento in cui si affronti il tema della necessità di un cambio di assetto socio-politico nel contemporaneo.
Si può, in effetti, parlare di un vero e proprio fenomeno di “reincantamento della Terra” a partire dagli anni ’70 del ‘900, dove la mitologia creata dal paganesimo contemporaneo (nel suo riprendere e risignificare ciò che dei popoli del passato si sa o si presume, e nel suo far riferimento anche alle pratiche dei popoli “indigeni”) fornisce un punto di riferimento a cui rivolgersi nel momento in cui si desideri costituire dei discorsi in opposizione al modello egemone dal punto di vista sociale e politico. Il paganesimo contemporaneo è stato, infatti, un mezzo attraverso cui – fin dall’800 – si sono diffusi modi diversi di stare al mondo in seno all’ “occidente” (sarà, per di più, questo un fenomeno debitore dell’antropologia e degli studi sul folklore, tanto che Gerald Gardner – giusto per fare un esame – fu, oltre che il fondatore del movimento Wicca, un folklorista e collezionista di oggetti legati alle pratiche spirituali/religiose extraeuropee o afferenti al mondo popolare europeo), un mezzo attraverso cui le persone in “occidente” hanno potuto avere l’occasione di ripensare a se stesse mediante la possibilità di essere qualcosa di diverso rispetto a ciò che il modello egemone predicava.
Alla luce di questo, forse il rivolgersi a questo genere di narrazioni mitologiche (anche quando esse subentrano come protagoniste degli immaginari fantastici della letteratura, del cinema e del fumetto) diventa una realtà da indagare e da prendere in considerazione con maggior attenzione, evitando di relegare queste istanze nell’etichetta di “moda culturale passeggera” o di “moto rivoluzionario giovanile dalla breve durata”.
4. Di immaginazione e politica
Le mie osservazioni etnografiche all’interno di alcuni circoli del paganesimo contemporaneo oggi in Italia hanno in effetti portato alla luce come le generazioni più giovani si stiano sempre di più avvicinando a queste narrazioni, che risultano essere un simbolo (al di là della fede personale di ognuno): esse continuano ad avere quel ruolo di punto di riferimento che testimonia la possibilità di poter essere diversi rispetto a quello che sembra ineluttabile all’interno della società del progresso infinito, della globalizzazione senza remore morali, del modello capitalistico e dell’approccio giudaico-cristiano oltranzista. E allora, probabilmente, appassionarsi all’etenismo dopo averne sentito parlare in una serie televisiva come Vikings potrebbe rappresentare per alcuni anche un atteggiamento sociopolitico. Potrebbe rappresentare un’istanza di rifiuto nei confronti di ciò che è stato trasmesso in precedenza, la possibilità di immaginare qualcosa che è stato diverso nel passato, nel presente e che potrebbe essere – di conseguenza – diverso nel futuro.
E chi si riconosce (da un punto di vista spirituale e/o simbolico) nelle narrazioni del paganesimo contemporaneo tende a manifestare pubblicamente, tramite una “politica dello stile di vita” o un attivismo politico stricto sensu, il suo non riconoscersi nei presupposti della società contemporanea egemone, facendo costantemente riferimento ai punti fermi citati precedentemente nel testo, come la necessità di un cambio di assetto sociale da antropocentrico a ecocentrico e una ferma opposizione al mito dello sviluppo infinito.
Forse, allora, non è solo una questione di spiritualità. Forse non è solo una questione di moda passeggera. Forse tutto questo dovrebbe essere un invito a rispolverare l’importanza del mito e della possibilità di immaginare quando si parla di politica e società.
*Eleonora D’Agostino è antropologa culturale. Ha da poco concluso la Scuola di Specializzazione in Beni Demoetnoantropologici di Roma con una tesi sul paganesimo contemporaneo in Italia. I suoi campi di interesse come ricercatrice sono i nuovi movimenti religiosi, le teorie della cospirazione e gli usi socio-politici degli immaginari fantastici.