Il cambiamento non può più aspettare

Yana Ehm* e Simona Suriano**

Da bambini, a tutti è stata posta la domanda “cosa vuoi fare da grande?” 

Ci si sbizzarriva nelle risposte, dalla poliziotta al ballerino, dalla dottoressa al vigile del fuoco, dall’astronauta al capo del mondo. Una domanda dove ogni risposta era giusta, tutti i sogni raggiungibili, e tutte le ambizioni legittime. Un mondo perfetto, dove esistono pari diritti, non vi sono disparità, ma soprattutto vi è l’idea che qualsiasi obiettivo, con impegno e dedizione, sia possibile e raggiungibile. È chiaro che il mondo reale non possa essere quel mondo perfetto in cui credevamo da bambine, ma nemmeno lo immaginavamo così diseguale come lo è oggi, per l’assenza di opportunità per le generazioni presenti ma soprattutto per quelle future. 

Oggigiorno pesa soprattutto una forte diseguaglianza nella società, un’assenza di opportunità e visione a lungo termine per le generazioni presenti ma soprattutto per quelle future. 

E per provare a ricostruire quel mondo perfetto tanto idealizzato da bambine oggi ci si affida (sempre di meno in realtà) alle rispettive classi politiche, dalla sinistra, al centro, alla destra e persino alla estrema destra, per vedere i propri obiettivi e diritti attuati e le possibilità di una società forte e florida portate avanti. Eppure i venti recenti, culminate nei risultati delle scorse elezioni politiche, hanno mostrato non solo una delusione fortissima verso la politica in generale, ma anche verso quella politica a sinistra e progressista, che nei suoi slogan ha la parità dei diritti, l’uguaglianza e il rispetto per tutti e tutte. 

Una disaffezione verso la politica, che colpisce soprattutto i più giovani, il futuro di questo paese e pianeta.

Una novità? Niente affatto: dal 1953 al 2022 si è passati dal 6,3% di astensionismo politico al 36,9% e questo è dovuto a varie responsabilità. La domanda più importante è: cosa fanno i vari schieramenti politici per colmare questa crescente sfiducia? Nella rappresentanza reale ed effettiva delle istanze della cittadinanza? Nella soluzione dei macro e micro problemi del nostro paese?

Abbiamo assistito a tante parole e infinite promesse, ma pochi pochissimi fatti. Basta poco per vedere cosa non ha funzionato e cosa non funziona. Basta spostarsi da una regione all’altra o, andare nei vicini paesi europei. Trasporti puntuali, sanità efficiente, scuola accessibile a tutti, il divario scuola-lavoro più limitato e prospettive lavorative certe? Dovrebbero essere queste le basi per uno Stato di diritto come il nostro, eppure non vi è nemmeno una di queste macro aree che sono perfettamente funzionanti nel nostro paese. Ovunque vengono messe toppe, nel miglior dei casi, o vi sono profonde crepe nei peggiori.

La verità è piuttosto evidente: le persone non hanno più fiducia nelle millantate promesse, e i giovani, che dovrebbero essere la classe dirigente futura di questo paese, sono de jure e de facto tagliati fuori, loro ed i loro sogni nel cassetto. E questa responsabilità è, oggi, imputabile alla nostra classe politica, in special modo quella degli ultimi 30/40 anni.

Il “grande vuoto”

Colpisce allora il messaggio disincantato e rassegnato dell’ultimo pezzo dei Baustelle “Contro il mondo” dove il cantautore canta del “grande vuoto, la sinistra che non c’è…”. 

Perché questo vuoto è così difficile da colmare? Perché da anni la sinistra autentica/reale/radicale, insomma quella non identificabile con il Partito Democratico che sempre più vira verso il centro, fatica a raccogliere intorno a sé consenso, masse, opinioni, credibilità? 

Solo un decennio fa ha fatto irruzione nello scenario politico un movimento giovane, che ha parlato un linguaggio semplice e diretto alle persone e che giustamente (a nostro avviso) si poneva fuori dalle logiche di centrodestra e centrosinistra, poiché da anni ormai perfettamente sovrapponibili nelle scelte politiche, soprattutto quelle di stampo economico e sociale. Politiche che hanno progressivamente e lentamente eroso il potere contrattuale delle classi lavoratrici, lasciato ai margini le piccole e medie imprese, lasciato soli i ragazzi nel formarsi una istruzione valida e sufficiente per sbarcare il lunario, creando un vero ponte tra eccellenza e prospettiva lavorativa. Piegati ai dettami dell’Unione Europea, della libera concorrenza e del libero mercato costantemente, lo Stato ha progressivamente fatto un passo indietro nel garantire uguaglianza formale e sostanziale ai cittadini, come richiesto da Costituzione.

Il Movimento 5 Stelle partiva dai territori, dai ragazzi, dalla collettività che voleva riprendersi il futuro e ridisegnare la politica più a misura d’uomo, salvo poi istituzionalizzarsi una volta assunte le responsabilità di governo e piegarsi anch’esso ai dettami e alle imposizioni delle organizzazioni sovranazionali, al libero mercato, alle pressioni delle grandi imprese. 

E’ evidente che oggi l’Italia, non è più quella degli anni 60/70, del dopoguerra, di una serie di diritti da conquistare e di una società che voleva emanciparsi e rompere vecchi tabù. 

Oggi questa sete di rivincita langue o, dove tenta di esprimersi, viene rapidamente soffocata (vedi i casi dei ragazzi che protestano contro i cambiamenti climatici, puniti con pene esemplari come fossero i peggiori criminali del nostro Paese). 

I continui e martellanti messaggi, dal nido alle università, della bontà del libero mercato, della concorrenza spietata, anche personale, per emergere in un mondo di lupi ha reso, soprattutto i più giovani, consapevoli e rassegnati al motto “mors tua, vita mea”. Colpa di una politica incapace e troppo spessa supina? In parte sì. 

In parte anche, per incapacità di coloro che genuinamente vorrebbero stravolgere il meccanismo, di parlare un linguaggio diretto e semplice per chi ormai, disilluso, non crede alle promesse. E’ un dato lacerante il forte astensionismo alle ultime elezioni regionali in Lazio e Lombardia, dove, nonostante i fallimenti nella gestione del periodo Covid, frutto di continui tagli alla sanità e privatizzazioni selvagge, vengono riconfermati gli stessi fautori di tanto scempio. E’ come vivessimo incastrati in un brutto incubo da cui è difficile svegliare le coscienze. 

E come dare torto agli elettori se nonostante le proteste (l’ultima grande recente manifestazione è stata quella contro la guerra russo-ucraina a Roma del 5 novembre) i governi continuano indisturbati nelle loro scelte “ammazza-popoli”? Anzi, rincarano la dose con attacchi alla Costituzione che immiseriranno ancor di più il popolo italiano rendendo inutile anche l’esercizio del voto. E fa riflettere come neanche la lunga, dura, ammirevole resistenza del popolo francese contro la riforma delle pensioni sia riuscita a fermare “il manovratore” che nonostante mesi di scioperi e disagi in tutta la nazione, tira dritto nella riforma tanto caro all’establishment

Una nuova politica e una nuova classe dirigente

E’ un compito davvero arduo quello di ricostruire la fiducia nella gente, e far tornare a sperare e far credere alle persone che un cambiamento di rotta è possibile, soprattutto per i più giovani. 

Partendo da un messaggio di speranza, occorre far conoscere con un linguaggio semplice e non eccessivamente nostalgico, i pericoli dell’assenza di democrazia e l’importanza invece della partecipazione attiva delle masse (e non solo alle urne). 

Per far questo occorre partire da un bagno di umiltà da parte di buona parte dell’attuale classe dirigente e capire che è giunto il momento di dare spazio alle nuove leve, ai pieni di entusiasmo, a una nuova guida. Difficile convincere un elettore della novità del messaggio se a propinarlo è un uomo (che per lo più è un uomo) presente nella scena politica sin dalla prima Repubblica. 

Nella classe politica che si vorrebbe porre come alternativa manca la capacità, a tratti, di sapersi fare da parte per aiutare a costruire una nuova classe dirigente giovane, femminista, ambientalista, solidale e che abbandoni lo schema del partito personificato in una unica persona sola al comando.

Dove i temi da affrontare non sono solo quelli rimasti al dopoguerra. Dove oggi il nuovo povero è anche una partita Iva, un piccolo commerciante (e non solo gli operai), dove i numeri della disoccupazione o dei lavoratori poveri crescono costantemente, specie nel mondo giovanile, dove le donne ancora nel 2023 devono superare numerosi ostacoli in ambito dirigenziale, lavorativo e di servizi, dove l’immigrazione mal gestita ha fatto aumentare il senso di insicurezza nelle città, e la soluzione non può certo essere quella di far morire i migranti in mare o privarli di accoglienza, ma occorre trovare soluzioni serie, strutturate e solidaristiche al fenomeno sempre più crescente. 

Dove occorre, in particolar modo, far tornare di moda i valori di solidarietà, comunità, ascolto. E nel periodo pandemico l’individualismo sfrenato, l’egoismo e il clima da caccia alle streghe ha imbarbarito il popolo italiano. 

Una nuova politica a sinistra dovrebbe partire dai disagi locali per proporre soluzioni anche globali. 

Organizzare agglomerati locali, dove ognuno possa contribuire allo studio e alla ricerca di soluzione ai problemi locali. Partecipazione libera a chiunque condivida i principi e i valori al progetto di costruzione del nuovo soggetto politico, indipendentemente dalla provenienza o dalla militanza. 

Spazio alle nuove idee, meccanismi, prospettive. E’ solo dal coinvolgimento diretto delle persone che soffrono per la riconquista dei loro diritti, sapendo di non esser soli ma di essere gruppo, collettività, che rivendica giustizia e ascolto, e che può e deve diventare esso stesso futura classe dirigente e protagonista del proprio futuro che forse si può far ritornare la speranza in chi ormai diffida. E in questo soprattutto i più giovani sono coloro in cui credere e dare le chiavi del nostro e del loro futuro.


* Yana Ehm, 32 anni, italo-tedesca, analista politica ed esperta in Medio Oriente, cooperazione internazionale, migrazione e diritti umani, già parlamentare della XVIII legislatura e presidente di ManifestA.

** Simona Suriano, 44 anni, catanese, giurista e esperta in diritto del lavoro, diritto internazionale, migrazione e diritti umani, già parlamentare della XVIII legislatura e vicepresidente di ManifestA.

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