Il cervello: cosa succede durante le malattie?

Jacopo Meldolesi*

Su una cosa, penso, saremo tutti d’accordo: il cervello è l’organo più raffinato e, nello stesso tempo, quello più protetto e meno conosciuto tra tutti. Molti di voi possono avere visto il piccolo cervello di un animale, un pollo o un topo; forse lo avrete anche toccato, cercando di identificare le zone che comandano funzioni, come il movimento o la visione. Però il cervello dell’uomo è molto più grande e molto più complesso, fatto da zone antiche, che in parte somigliano a quelle del topo, di tutti i mammiferi e di altri animali avanzati; e zone che invece sono molto, molto più sviluppate. Comunque, per molti secoli e secoli, il cervello è rimasto un mistero.

Le scoperte dei centri che comandano il movimenti, quelli della parola eccetera sono state fatte nella seconda metà dell’Ottocento; la natura delle cellule specifiche del cervello, circa cento miliardi di cellule nervose, o neuroni, insieme a circa 100 miliardi di cellule gliali, che lavorano insieme ai neuroni, risalgono agli ultimi anni dell’Ottocento/primi anni del secolo scorso, e così via.

Lo sviluppo del cervello si è identificato successivamente. Le funzioni sono emerse, una dopo l’altra, e così le malattie importati. Cinquanta anni fa queste malattie erano riconosciute. Per molti casi, però le conoscenze erano approssimative e le terapie erano generali o addirittura assenti. In altre parole, per molti ammalati si aspettava soltanto che morissero. Ora le cose vanno molto meglio, e c’è da aspettarsi ulteriori miglioramenti negli anni prossimi. Se troverete uno dei classici chiacchieroni arrabbiati che sostengono quanto si viveva meglio prima, beh, lasciatelo perdere. Oggi il cervello lo conosciamo e lo serviamo molto meglio di prima. Le grandi conoscenze sono venute da molti settori della medicina, dallo studio microscopico fino alla radiologia, che oggi possono vedere la struttura ed il funzionamento del cervello. Le nuove conoscenze servono a scoprire dove e come si sviluppano le esperienze importanti, essenziali per un cervello che è sano; e, ancor di più, per riconoscere le lesioni presenti nel cervello dei malati, per riconoscere la loro malattia ed il suo progredire. Insomma, oggi tutte le malattie importanti del cervello sono conosciute non solo in generale ma anche nei dettagli importanti. Si sa da dove originano, quali sono i loro meccanismi di crescita e, almeno in termini approssimativi, quali sono i tempi necessari per lo sviluppo dei loro aspetti importanti, quelli che rendono progressivamente impossibile la loro vita indipendente fino alla loro morte.

A questo punto ho accettato di parlarvi di due malattie del cervello, due malattie diverse tra loro: la sclerosi multipla e la malattia di Alzheimer chiamata anche demenza senile. Esse possono essere considerate come esempi di quanto può succedere nel cervello.

Sclerosi multipla: la terapia è molto migliorata

Per capire la sclerosi multipla dobbiamo tener conto di una proprietà particolare del cervello. Come tutti gli altri organi, il cervello viene continuamente nutrito dalla circolazione vasale che per mezzo del sangue fornisce ossigeno e inoltre e inoltre, attraverso il plasma, fornisce glucosio, aminoacidi, ed altre molecole piccole. Questo perché la parete intorno ai vasi è molto meno permeabile di quella degli altri organi dato che è ricoperta da una barriera stretta, permeabile soltanto alle piccole molecole, definita in inglese “BBB”, barriera tra il sangue ed il cervello. In condizioni normali, quindi, il cervello non partecipa al sistema immunologico del resto del corpo. Quest’ultimo è quello che, basato sull’interazione tra cellule specializzate, ci difende eliminando molti degli attacchi che riceviamo dall’esterno e anche da noi stessi. Succede però che condizioni particolari del cervello mettono in difficoltà la BBB permettendo un piccolo ingresso locale di cellule immunitarie che penetrano in un punto del cervello causando lesioni localizzare. Qui scompaiono i neuroni, vengono eliminate le sinapsi e la difesa dei nervi, la mielina. Il nome della malattia, sclerosi multipla, dice che nel cervello c’è un numero di mini-cicatrici. Questo vuol dire che le invasioni di cellule immunologiche sono state molte, hanno indotto tante piccole cicatrici, talvolta senza conseguenze, altre volte responsabili di gravi lesioni del cervello.

Oggi si riconoscono due tipi della malattia, uno progressivo che nel giro di mesi o qualche anno paralizza il paziente, l’altro, molto più numeroso, chiamato relapsing-remitting. In italiano vuol dire che un’invasione avviene, dura una/ due settimane, e poi si aggiusta, per ritornare dopo mesi o anche dopo uno o più anni. Questa malattia oggi non è più drammatica perché esistono importanti terapie: farmaci speciali e anticorpi monoclonali. Niente di magico, si tratta di interventi che riducono la frequenza e la gravità delle lesioni. Naturalmente la malattia e le sue lesioni non scompaiono, ma sono più rare. Quindi, molti dei circa 100 mila pazienti colpiti dalla malattia nel nostro paese riescono a fare una vita pressochè normale. Qualcosa che decenni fa sarebbe stata impossibile.

AD: la terapia resta un disastro

Quanto alla malattia di Alzheimer, chiamata in genere AD, Alzheimer’s disease, si tratta della forma neurodegenerativa più grave tra quelle esistenti. In Italia abbiamo circa un milione di pazienti, maschi e anche femmine, quasi tutti ricoverati in case di riposo. Con il tempo perdono praticamente tutte le attività, quindi attendono solo di morire.

Quanto all’età, la malattia attiva a 30-40 anni è in genere dovuta a mutazioni di alcuni geni, lontana dalle AD degli anziani. Intorno ai 60 anni cominciano le prime malattie tipiche, che crescono con l’età in in percentuale. Sopra gli 80 le percentuali diventano impressionantiraggiungendo valori come 1/5 e più. Da dove vengono tutte queste AD? Tutti noi, nelle nostre cellule, abbiamo una proteina, la APP, che viene tagliata in vari modi. Tra le varie possibilità ce ne è una, la Aβ, responsabile della malattia. Nei pazienti analizZati dopo morte si sono sempre trovate ampie zone del cervello occupate da ampie placche di Aβ circondate da altre proteine. In queste zone le attività specializzate, soprattutto quella psichica, sono scomparse.

Aβ non esiste soltanto nei neuroni del cervello, ma compare in tutte le cellule, seppure in concentrazioni molto basse. Come succede che una considerevole percentuale degli anziani sviluppa la AD? Questo problema ha richiamato molti studi ed è ormai chiaro che la malattia è rinforzata dalla mancanza di interessi, da condizioni economiche ridotte, e da una serie di malattie diverse come il diabete. Il grande problema che colpisce i pazienti riguarda l’assenza di una terapia davvero efficace. Tutti i tentativi fatti finora, incluso il blocco della sintesi di Aβ, non hanno avuto nessun effetto. La speranza della ricerca riguarda la possibilità di intervenire non quando la malattia è in atto, ma prima, quando il paziente sta ancora bene, e attende di averla magari mesi o anche anni dopo. Un modo per riconoscere il pre-paziente, cioè uno a cui verrà la AD, è stato realizzato. La sfida è quella di bloccare lo sviluppo della AD. Si tratta di una sfida come non è mai stata “vinta” nella storia delle malattie. Speriamo ci conduca, seppure dopo molti anni, alla non-comparsa della AD.


* Jacopo Meldolesi è laureato in Medicina, e ha cominciato a fare ricerca a Milano nel ‘65. Dopo un’esperienza fondamentale a New York, è tornato proseguendo la “ricerca americana”e cominciando ad insegnare, alla Statale fino al ‘99 e poi al San Raffaele. In pensione dal 2010, non ha più finanziamenti. Continua a studiare e a occuparsi dello sviluppo dei problemi originali di suo interesse.


Print Friendly, PDF & Email