La Palestina e L’Europa. L’alleanza fra destra etno-nazionalista europea e israeliana

Fabio Amato*

La nuova guerra israeliana a Gaza, seguita all’attacco di Hamas del 7 ottobre, ha evidenziato in modo eclatante la doppia morale e il doppio standard europeo, che basa la sua presunta superiorità e conseguente battaglia globale in difesa dei diritti umani sulla base di meri calcoli geopolitici. La scelta di Von der Lyen e della presidente del parlamento europeo Metzola di esprimere sostegno incondizionato ad Israele, recandosi immediatamente a Tel Aviv, senza avere ne mandato ne legittimità istituzionale per farlo, non è stata una gaffe istituzionale, ma fa parte di un generale ricollocamento della governance europea nell’ambito della nuova stagione di guerra. La nuova Europa, l’Europa geopolitica della Von Der Lyen, è sempre più allineata all’estrema destra, al suo discorso etno-nazionalista, anti immigrati, securitario sul piano interno, e alla NATO e agli USA nella politica internazionale. Israele, da sempre avamposto dell’imperialismo statunitense, è oggi qualcosa di più per l’estrema destra religiosa e xenofoba europea e mondiale: rappresenta il baluardo della civiltà occidentale (naturalmente ritenuta superiore) nei confronti dei fantasmi agitati dalla destra reazionaria, quelli del  pericolo dell’invasione, della “sostituzione etnica”, dell’attacco da parte dell’islam radicale (che in Europa viene usato per giustificare la guerra agli immigrati e l’islamofobia).

L’equazione palestinesi-Hamas-Isis costruita dalla narrazione israeliana e occidentale, cosi come la riduzione della resistenza palestinese a solo fenomeno terrorista, fa parte di questo teorema.

La complicità europea 

Le prese di posizione di alcuni governi, o anche le parole di semplice buon senso del vicepresidente e rappresentante per la politica estera della UE Borrell sulla guerra israeliana a Gaza, rappresentano voci isolate in un coro di sostegno incondizionato ad Israele, che ha impedito ad oggi alla UE anche solo di chiedere un cessate il fuoco, e di limitarsi a ipocriti quanto inutili appelli a pause umanitarie.

La realtà è che questa Europa è complice e lascia che Israele possa portare avanti indisturbata la sua politica di pulizia etnica e genocidaria nei confronti del popolo palestinese. Non da oggi, bensì da tempo.

La grande coalizione che governa l’Europa è stata infatti in questi anni totalmente silente rispetto a quanto accadeva in Israele. Muta rispetto alla costruzione del muro, all’espansione delle colonie, al sistema di apartheid e di quotidiane violazioni dei diritti umani instauratosi in Cisgiordania e alla riduzione a prigione a cielo aperto di Gaza. Ha fatto finta di non vedere la natura suprematista ed estremista del nuovo governo Netanyahu installatosi dopo le ultime elezioni, che vede il LIKUD alleato delle formazioni sioniste religiose estremiste dei coloni. Una coalizione, quella guidata dall’immarcescibile Primo ministro sionista, cosi descritta dal quotidiano israeliano Hareetz :  “una straordinaria peggiocrazia: governo della peggiore e meno indicata specie di ultranazionalisti, suprematisti ebrei, antidemocratici, razzisti, fanatici, omofobi, misogini, politici degenerati e presumibilmente corrotti. Una coalizione di governo composta da 64 legislatori, di cui 32 ultraortodossi o sionisti religiosi”

Un atteggiamento contraddittorio per una Ue sempre cosi attenta al politically correct nei confronti delle minoranze.

A tale proposito, vale la pena ricordare alcune delle dichiarazioni del ministro colono sionista religioso Smotrich , il quale nei mesi antecedenti al 7 Ottobre si augurava di vedere radere al suolo villaggi palestinesi, e sosteneva apertamente che i palestinesi non esistono come popolo. Una posizione che non è nuova nel sionismo e non solo dell’estrema destra, ma costante nella narrazione sionista. Nel 1969, la prima ministra Golda Meir dichiarava tranquillamente che “i palestinesi non sono mai esistiti”, per poi aggiungere qualche tempo dopo: “Come potremmo restituire i territori occupati? Non c’è nessuno a cui restituirli”.

Tutto ciò non rappresenta quindi un’eccezione, ma l’estremizzazione del sionismo colonizzatore, del setter colonialism che definisce lo stato di Israele.

La convergenza fra Israele e neofascisti 

Netanyahu ha negli ultimi anni attivamente coltivato le relazioni con l’estrema destra europea, sbiancandola dalla sua imbarazzante origine antisemita, di forze politiche anche apertamente nostalgiche dei regimi responsabili dell’olocausto. Lo ha fatto in cambio del sostegno alla pulizia etnica in Palestina, in nome della comune lotta, quella dei nazionalisti reazionari europei per difendere la cristianità dell’Europa, e quella di Israele di difesa del suprematismo ebraico e dell’espansionismo coloniale.

Se a tutti sono note le buone relazioni con i governi Meloni e Orban, è particolarmente significativo l’avvicinamento recentemente avvento con l’estrema destra rumena.

Come riportato da Hareetz,” su indicazioni del ministro degli esteri Cohen, l’ambasciatore israeliano in Romania, accompagnato dal leader dei coloni Yossi Dagan, ha incontrato nello scorso agosto il segretario del partito neofascista Alleanza per l’Unità dei Rumeni, che esalta il leader rumeno fascista del periodo della Seconda Guerra Mondiale Ion Antonescu, sotto il cui regime collaborazionista con il nazismo vennero uccisi 400.000 ebrei rumeni. 

Questo incontro fa parte di una strategia a lungo termine dei successivi governi Netanyahu: uno scambio di favori con i partiti di estrema destra europei. Israele ha legittimato i nazionalisti autoritari con ignobili primati di antisemitismo, negazionismo e fanatismo antimusulmano(e in genere anti immigrati, aggiungiamo noi) in cambio di un impegno a favore delle politiche israeliane.”

L’identificazione della destra estrema xenofoba, razzista ed anche antisemita europea con Israele non deve quindi sorprendere. Quanto accade è in linea con il passaggio che sta avvenendo anche nel quadro politico europeo, con il progressivo sdoganamento della destra da parte dei conservatori e popolari europei, e il loro allineamento su posizioni anti immigrati, identitarie, etno-nazionaliste. La normalizzazione del neofascismo. Non si tratta più di eccezioni, ma di una tendenza di fondo. L’Italia, La Svezia, la Finlandia, ora l’Olanda. In Spagna solo per pochi voti non è stata possibile la già annunciata coalizione fra partito popolare e Vox, che sono già al governo insieme in diverse regioni dello stato spagnolo. Nella stessa Germania, il tabu di possibili alleanze fra la CDU e AfD viene sempre più messo in discussione. In Francia, la Le Pen era in prima fila nelle manifestazioni contro l’antisemitismo, e i suoi candidati nelle scorse elezioni politiche sono stati eletti grazie alla rottura del patto repubblicano da parte del partito macronista, che non ha dato indicazioni di voto. 

L’interesse geopolitico dell’imperialismo si salda ideologicamente con il suprematismo cristiano sionista che è cresciuto in Europa come in Israele. 

È questa saldatura che permette ciò che ritenevamo impensabile: il silenzio e la complicità nei confronti del massacro di migliaia di civili inermi che avviene sotto i nostri occhi, in spregio di qualunque senso di pietà e di minimo rispetto del diritto internazionale. Il sostegno ad un assedio disumano che priva i civili di acqua, elettricità e cibo, attacchi a scuole, ospedali, chiese, abitazioni. Il disegno è quello di espellere ancora più palestinesi da Gaza oggi, e dalla Cisgiordania domani.  È questo l’obiettivo del governo israeliano: dichiarato e praticato. È questa l’essenza del colonialismo sionista, del progetto del fascismo sionista di Smotrich, ora egemone in Israele. 

Una pace per due popoli  

Difronte a tutto questo, esiste qualche speranza? Dobbiamo rassegnarci alla vittoria del neofascismo suprematista, in Europa come in Israele e Palestina? 

La sorprendente mobilitazione popolare che ha attraversato le capitali europee a sostegno del popolo palestinese ha rotto la narrazione dominante. Ha aperto un varco di speranza. 

Un varco che però va riempito con una proposta politica in grado di mobilitare ancora. La soluzione dei due stati è oramai una formula vuota. Impraticabile materialmente e anche politicamente, e continuare ad evocarla, non migliorerà la situazione e non dà alcun orizzonte politico a chi in Palestina ed Israele vuole una pace duratura e giusta per i due popoli. La pulizia etnica dei palestinesi va avanti dal 1948. Con fasi alterne, e con gli ultimi trent’anni in cui questa è avanzata lentamente, ma inesorabilmente, attraverso l’annessione di Gerusalemme, l’espulsione de palestinesi e l’espansione delle colonie, la costruzione del muro dell’apartheid. La formula due stati per due popoli è di fatto diventata una dichiarazione di principio svuotata di senso, una possibilità’ negata dalla politica del fatto compiuto da parte israeliana, che ha preso sempre più terra e avanzato le sue colonie. Più lentamente e pudicamente prima, in modo sfacciato negli ultimi anni, ben sapendo di poter contare sul silenzio assenso degli Usa e dell’Europa. Al massimo potevano aspettarsi qualche dichiarazione stampa a cui come sempre non sarebbe seguito nulla. Come esattamente accade oggi difronte ai crimini di guerra israeliani.

Il riconoscimento reciproco fra Israele e Palestina può darsi forma solo attraverso una lotta contro l’apartheid e per i diritti umani, che sconfigga il sionismo suprematista e la sua pretesa di dominio sui palestinesi e la loro terra. Una lotta contro il razzismo, il suprematismo.  Per tutti coloro che abitano la terra santa, la prospettiva di uno stato bi comunale con Gerusalemme capitale condivisa è l’unica che può dare una prospettiva politica nuova alla lotta contro l’occupazione, sconfiggere le posizioni messianiche e fondamentaliste religiose. È tempo di riconoscere che gli accordi di Oslo, che tante speranze avevano suscitato, portavano in sé quei limiti strutturali denunciati all’epoca lucidamente da Edward Said, che ne hanno determinato il fallimento innegabile. Continuare a ripetere questa formula vuota, lasciando proseguire l’apartheid e l’espulsione dei palestinesi, la pulizia etnica dei coloni, significa solo dare ancora più tempo ad Israele per portare a termine il suo disegno di annessione della terra e di espulsione dei palestinesi.

Il nostro compito, come forze della sinistra europea, è di prendere atto della realtà e continuare a sostenere e far parte del movimento globale che sta sorgendo contro l’occupazione e l’apartheid israeliano. È questo il migliore antidoto alla destra reazionaria, fascista e suprematista, in Europa come nel resto del mondo.


* Fabio Amato + membro della Direzione Nazionale di Rifondazione Comunista, già responsabile esteri, è attualmente consigliere del Gruppo The Left al Parlamento Europeo per la politica internazionale e la cooperazione

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