La sinistra francese e la questione dell’unità a partire dal 2009

Vincent Boulet *

All’inizio del 2000 la sinistra francese costituisce un’eccezione. Non ha conosciuto nessun processo di ricomposizione, nemmeno parziale, a differenza della Grecia, della Danimarca o anche della Spagna, ma, a lungo termine una serie di avvenimenti innescheranno una tendenza da cui scaturisce un primo processo degno di nota: la nascita del Front de Gauche in occasione delle elezioni europee del 2009. Possiamo elencarli: l’aprirsi di una nuova stagione di mobilitazioni sociali (gli scioperi del 1995 e del 2003 contro la riforma della previdenza e delle pensioni) senza che tutto questo possa evitare la sconfitta storica della sinistra nel 2002 e l’arrivo al secondo turno della elezione presidenziale del partito della estrema destra il Fronte Nazionale. In particolare la campagna per “il no di sinistra” al progetto di Costituzione europea nel 2005 si conclude con una vittoria storica. Il rifiuto di questo testo da parte del 54% del popolo francese cambia le condizioni politiche a sinistra.

Per la prima volta dei dirigenti del Partito Comunista francese (PCF), del Partito Socialista, (PS), della Lega Comunista Rivoluzionaria (LCR IV internazionale) e dei Verdi hanno condotto insieme una campagna e hanno fatto incontri pubblici comuni. Da questa esperienza sono nati dei collettivi di base. Ma la dinamica scaturita da “un no di sinistra“ non ha seguito. La maggioranza della direzione della LCR nella primavera del 2006, e poi il PCF nell’autunno, decidono di preparare le elezioni presidenziali con un proprio candidato. La Segretaria nazionale del PCF George Buffet racimola un magro 1,97%. Arriva al potere la destra più brutale, quella di Sarkozy. La vittoria del “no “del 2005 non impedisce la cocente sconfitta della sinistra alle elezioni legislative e presidenziali del 2007 per la seconda volta di seguito. Tutto questo porta al fatto che l’unità a sinistra si può porre a condizioni nuove. La questione dell’unità nella sinistra francese, e i vari passi compiuti in questa direzione, dalla nascita del Front de gauche (FG), si sono tutti confrontati con quattro questioni fondamentali. Dalle possibili risposte emergono a sinistra concezioni differenti dell’unità, che spiegano anche il fallimento del Front de gauche dal 2012 e le attuali contraddizioni della NUPES. ( Nouvelle Union Populaire écologique et sociale)

1)“Polo di radicalità” o unità della sinistra? La prima questione concerne gli obiettivi politici per cui si cerca l’unità. Si aspira a muovere i confini a sinistra, combattere l’egemonia del “social-liberismo” sulla sinistra per unirla tutta su una prospettiva di trasformazione democratica, sociale ed ecologica? O invece si vuole unire solo la parte cosiddetta radicale della sinistra, in un “polo della radicalità”, opponendosi frontalmente al resto della sinistra? In altre parole c’è una sola sinistra attraversata da contraddizioni, che patisce dell’egemonia del “social-liberismo” o ci sono due sinistre inconciliabili? In un certo senso, questa questione echeggia lo scontro fra il fronte unico operaio emerso al terzo e quarto congresso dell’Internazionale Comunista da una parte, e una linea settaria di attacco sia al resto della sinistra che al fascismo, che ha caratterizzato in seguito il movimento comunista internazionale fino alla catastrofe degli anni Trenta. 

2) Rispetto della diversità o tentativo egemonico? Si costruisce attraverso il lavoro congiunto di tutti i partiti e le organizzazioni, in un quadro collettivo, tenendo conto delle scelte di tutte le componenti dell’unione? Oppure una componente “maggiore” per il suo peso elettorale o mediatico cerca di imporre la sua volontà o di considerare la sua organizzazione come destinata ad attrarre, addirittura ad assorbire le altre?

3)Articolazione con il movimento sociale o tentativo di sostituzione? La natura delle relazioni con i movimenti sociali suscita ugualmente contrasti. La sinistra unita deve lavorare con i movimenti per diventare uno strumento utile che offre uno sbocco politico e di potere alle rivendicazioni che emergono dalle lotte sociali, o può arrogarsi il diritto di decidere in relazione alle giornate di mobilitazione, cercando di fatto di sostituirsi ai loro metodi di organizzazione e al calendario del movimento sociale?

4) Il “popolo” o “il mondo del lavoro”? La questione della base sociale è importante. A quale maggioranza sociale la sinistra unita cerca di rivolgersi? Si parla del mondo del lavoro in tutte le sue differenze, le sue contraddizioni e la diversità nelle lotte? Oppure si tratta di un “popolo“ indefinito e mitizzato come lo immagina il “populismo di sinistra“ per cui i movimenti, in primo luogo “urbani”, non sono destinati ad essere “di destra” o “di sinistra”, ma a loro tocca la funzione tribunizia di attrarre a sinistra questo popolo. Quest’ultimo approccio è stato teorizzato da Jean-Luc Mélenchon in molti interventi, fra i quali possiamo ricordare il suo discorso alla Università estiva del Partito della Sinistra Europea organizzata a Porto nel 2013.

Queste 4 questioni segneranno la formazione, la strutturazione e la crisi delle esperienze unitarie, che la sinistra francese ha conosciuto dal 2009 e dalla nascita del Front de Gauche. (FG)

FASE 1: La nascita del Front de gauche per unire la sinistra su di un progetto trasformatore

 Nell’ottobre del 2008, facendo un bilancio dalla sconfitta del 2007, il PCF prende l’iniziativa di un appello per una larga alleanza di sinistra in previsione delle elezioni europee E’ un atto politico importante per il PCF. Accelera le decantazioni in atto nel PS e nella LCR. Il congresso del PS, tenutosi nel novembre 2008, segna l’isolamento delle correnti di sinistra. Jean Luc Mélenchon e la sua componente (Per la repubblica sociale), che rappresentava una parte della sinistra del PS, decidono di rompere e di creare un nuovo partito, il Parti de gauche (PG). E’ la prima rottura a sinistra della socialdemocrazia dai tempi della Guerra d’Algeria. Il PCF e il PG annunciano liste comuni per le elezioni europee del 2009 sotto la parola d’ordine “fronte di sinistra per cambiare l’Europa” All’ interno della LCR si acutizzano le tensioni. La maggioranza della direzione rompe con il progetto storico della LCR di creare una nuova organizzazione larga “non delimitata strategicamente”, cioè non limitata ai rivoluzionari, e lancia il progetto del “Nuovo partito anticapitalista “(NPA). Pensa di capitalizzare le percentuali di voti ottenuti dal suo candidato Olivier Besancenot alle presidenziali del 2007 e adotta una linea populista di opposizione alla “sinistra tradizionale” e ai sindacati. Per molti aspetti NPA prefigura la futura France Insoumise. Il dissolvimento della LCR e la nascita di NPA nel febbraio del 2009 portano alla rottura con chi rifiuta questa deriva e vuole partecipare al Front de gauche; si crea una nuova organizzazione, la Gauche Unie (GU). Il meeting di Parigi del 8 marzo 2009 lancia la campagna del Front de gauche per le elezioni europee con i dirigenti di PCF, PG e GU. Il lancio del Front de gauche coincide anche con una fase particolare della storia della sinistra in Europa. L’Italia e il crollo della sinistra italiana, che perde la totalità della sua rappresentanza parlamentare, è percepita come un modello negativo. Il Front de gauche ha l’ambizione di evitare in Francia la ripetizione dello scenario italiano. Al contrario, segue da vicino l’evoluzione tedesca, dove il PDS (Partei des Demoktratischen Sozialismus) e la WAGS (Wahlalternative, Arbeit und soziale Gerechtigkeit) si fondono per dare vita alla Linke, riaggregando un arco di forze politiche relativamente simili al Front de gauche francese. Le tre organizzazioni fondatrici del Fronte ottengono il 6,7% dei seggi in Parlamento e 5 seggi al Parlamento europeo. Il Front de gauche, inizialmente limitato alle elezioni europee, continua a contare su uno slancio militante e sulla nascita di uno spazio politico. Si struttura in forme leggere e le tre organizzazioni mantengono pienamente la propria sovranità. Un coordinamento nazionale settimanale funge da strumento di dialogo. Per affrontare questioni particolari, si formano “Front de gauche tematici”, con risultati molto vari. Il più importante è il Front delle lotte, per approfondire le relazioni con i sindacalisti. Nel congresso che si tiene a Parigi, nel 2010 il Partito della Sinistra Europea vota l’entrata nelle sue fila del PG e della GU, con il sostegno del PCF, che ne assume la presidenza con Pierre Laurent. A livello locale le situazioni sono molto diversificate. Le relazioni fra le organizzazioni non sono semplici. Durante le elezioni regionali del 2010, il PCF decide in cinque regioni di allearsi al primo turno con il PS, e quindi di non costituire una lista “Front de gauche”. Da questo periodo, anche nelle regioni dove si sono fatte le liste del “Fronte di sinistra”, il PG decide in alcuni consigli regionali di formare gruppi separati accusando il PCF di voler formare maggioranze di sinistra contro la destra nei consigli regionali. Tutto questo, tuttavia, non ha impedito al Front de Gauche di raggiungere la sua migliore performance nelle elezioni presidenziali del 2012. La candidatura di Jean-Luc Mélenchon suscita un’importante dinamica di attivismo militante e sconvolge i rapporti di forza a sinistra. Si tratta veramente di una campagna del Front de gauche, che raggiunge il suo massimo sviluppo e slancio. I sondaggi gli attribuiscono fino al 17% dei consensi. Il 18 marzo 2012 una grande marcia verso piazza della Bastiglia crea l’avvenimento della campagna presidenziale. Il programma, redatto in comune, offre al Front de gauche una solida base politica. Le divergenze (es. sul nucleare) sono destinate a essere risolte tramite referendum. Ciononostante il risultato finale è relativamente deludente (11,1%) Gli ultimi giorni prima del primo turno, contrassegnati da alcune intemperanze verbali del candidato, interrompono lo slancio della campagna. Ma soprattutto l’andata al governo di una maggioranza socialista, che si allea con gli ecologisti acuirà, le divisioni strategiche sopite non regolate.  

FASE 2 Il Front de gauche ucciso dal populismo di sinistra 

L’ambizione strategica iniziale è di rifondare l’insieme della sinistra, combattendo l’egemonia “social-liberista”; essa punta dunque a muovere il cuore della sinistra nel senso della trasformazione sociale e democratica, tramite i rapporti di forza politici e sociali da una parte e dall’altra tramite un’offerta politica rivolta all’insieme della sinistra. Questo è il senso dell’appello iniziale del CN del PCF nell’ottobre del 2008, che ha reso possibile la sua costituzione. Il PCF e la GU si inscrivono in questa prospettiva. Il PG e Jean-Luc Mélenchon, caratterizzati dal “populismo di sinistra”, se ne allontanano e sviluppano una linea d’opposizione frontale all’insieme del resto della sinistra. In questo modo rifiutano di fare una proposta politica chiara a quelli che non si riconoscono a sinistra nel campo liberista incarnato da François Hollande, nel momento in cui questi volta le spalle alle aspirazioni popolari, che l’hanno portato al potere. Il Congresso del Partito della Sinistra Europea assiste a queste divisioni. Con il pretesto dell’alleanza fatta fra PCF e GU coi socialisti alle elezioni municipali a Parigi, il PG decide di abbandonare il Partito della Sinistra Europea. Non si tratta che di un pretesto, che copre la divisione strategica fondamentale nei rapporti a sinistra. Si tratta di una semplice opposizione di sinistra o di una proposta politica a tutta la sinistra su di un contenuto finalizzato alla trasformazione? Il Fronte di Sinistra si è disintegrato per non aver risposto a questa domanda. Quindi perde slancio e utilità politica. Da quel momento in poi, il Fronte di Sinistra continua a esistere solo formalmente. Il PCF continua a mantenere il suo simbolo sul suo materiale di propaganda, ma questo non corrisponde più alla realtà politica. Preso atto nei fatti della fine del Front de gauche, la GU decide di unificarsi con il PCF nel settembre del 2015. Il gruppo dirigente del PCF, però, cerca di autoconvincersi che il FG esista ancora, anche se è diventata una realtà sempre più fasulla. Il 10 febbraio del 2016 Jean-Luc Mélenchon decreta l’atto finale della morte del Front de gauche, quando lancia un nuovo movimento, la France Insoumise (“la Francia ribelle”) e annuncia in modo unilaterale la sua candidatura alle elezioni presidenziali. La FI non ha niente a che vedere con il Front de gauche. Si colloca pienamente nella linea del “populismo di sinistra “ e contraddice le ambizioni iniziali del Front de gauche. “Movimento gassoso“ secondo i propositi di Jean-Luc Mélenchon, FI non ha struttura di direzione eletta né alcun statuto, né alcun processo democratico decisionale. Ci sono solo “gruppi di azione “di base da un lato, e un nucleo di direzione non eletto dall’altro, che, dopo le elezioni legislative del 2017, è strutturato in base all’ esistenza di un gruppo parlamentare alla Assemblea Nazionale. Le elezioni presidenziali e legislative del 2017 si svolgono in un contesto molto differente da quelle del 2012. La campagna di Jean-Luc Mélenchon non viene condotta come Front de gauche, che non esiste più. Il PCF, dopo avere consultato gli iscritti, decide a maggioranza di sostenere la candidatura di Mélenchon, senza alcuna condizione o garanzia politica, neppure in funzione delle elezioni legislative che seguono immediatamente le presidenziali. Questo sostegno non sarà mai valorizzato dal candidato che utilizza i militanti comunisti solo come attacchini di manifesti.  

FASE 3: Come ricostruire sulle rovine?

Le elezioni del 2017 segnano una svolta della situazione politica in Francia, soprattutto perché il Rassemblement National (RN) si sta posizionando come candidato al potere. Marine le Pen raccoglie il 33% al secondo turno nonostante una campagna disastrosa. I sondaggi tra i due turni le davano fino al 41%.  Queste elezioni creano una nuova situazione a sinistra, le cui cicatrici sono visibili fino ad oggi. La catastrofe operata da François Hollande durante il suo mandato la affossano definitivamente per due aspetti. Il primo è la sconfitta della sinistra nel suo insieme, che rappresenta solo il 28% dei votanti, se si sommano le percentuali ottenute dall’insieme dei candidati di sinistra; il secondo  è che dentro questa minoranza FI attira una parte importante di elettori: Mélenchon ottiene un risultato importante (19, 5%), mentre Benoit Hamon il candidato del PS raccoglie solo il 6%. Alle elezioni legislative, invece, FI, che aveva una presenza locale poco strutturata, ottiene solo 17 deputati. Su 577 seggi, la sinistra ne conserva solo 70. E’ la più grande sconfitta elettorale dal 1993 e dalla fase del mitterandismo putrescente. La questione dell’unità si pone dunque in questo nuovo contesto. Non si tratta più di solo di combattere l’egemonia del “social-liberismo” nella sinistra, ma di fare in modo che la sinistra ritrovi il cammino delle categorie popolari, dei salariati, che le hanno voltato le spalle, ritirandosi in prevalenza nell’astensione e, grazie a questo riconquisti una maggioranza sociale e politica nel paese. Non si tratta solo di battere la destra, ma di impedire all’estrema destra di arrivare al potere. Dal 2017 la sinistra in Francia si trova sotto un tetto di cristallo, che la limita a solo un terzo dell’elettorato, vale a dire a un peso politico pari a quello dell’estrema destra. Tutte le questioni che si pongono nel concepire l’unità della sinistra ne escono acutizzate e più importanti che mai. Dal 2017 sono state date due risposte, quella del PCF e quella di FI. FI si fonda sui risultati di Jean-Luc Mélenchon alle elezioni presidenziali per raccogliere dietro di sé, sulle proprie  posizioni, con un metodo seduttivo,  “le radicalità “. Dal suo trentottesimo congresso (2018), il PCF adotta una strategia che mira a riunire una maggioranza politica e sociale attiva, sottolineando l’importanza di ritornare a guardare i salariati, che rappresentano la maggioranza sociale del paese, e anche di  riprendere la battaglia delle idee da condurre per riunificare la sinistra su un programma di rottura con il “social-liberismo”, nel rispetto delle sue componenti e del ruolo specifico dei sindacati. 

FASE 4 La NUPES è una unione della sinistra?

Le elezioni presidenziali e legislative del 2022 si profilano in questo contesto. Jean-Luc Mélenchon dichiara unilateralmente la sua candidatura da novembre 2020 per saturare lo spazio mediatico a sinistra. Se le forme della sua campagna sono abbastanza simili a quelle del 2017, la sua scommessa politica è diversa. Non si tratta più solo di prendere la leadership a sinistra, ma di risucchiare gran parte delle sue forze vive affidandosi in modo esasperato alla logica presidenziale della Quinta Repubblica per ricomporre la sinistra alle proprie condizioni. É questa la ragione per cui, dopo aver messo da parte il PG a favore di FI, la FI viene messa da parte a favore di “Unione Popolare”. Non si può quindi dire che Unione popolare sia una proposta di unione per la sinistra; è un simbolo per risucchiare la maggior parte della sinistra dietro Mélenchon. Bisogna riconoscere che questo suscita una larga eco. Ma bisogna capirne le ragioni. Dopo essersi fermato per lungo tempo fra il 10% e il 12%, Mélenchon beneficia di una dinamica elettorale negli ultimi giorni della campagna presidenziale dovuta al fenomeno del “voto utile” che lo ha portato alle soglie del secondo turno, avendo raccolto il 21,9% dei voti. Apparendo come il candidato piazzato meglio a sinistra, una larga parte degli elettori di sinistra ha votato per lui. Non potendosi riconoscere nel simbolo di Unione popolare, perché non è uno spazio di costruzione politica, il PCF, durante la sua conferenza nazionale tenutasi nell’aprile del 2021, assume la decisione di designare un candidato comunista da presentare alle elezioni presidenziali, Fabien Roussel. Questa decisione si accompagna a una proposta politica a tutta la sinistra per le elezioni legislative, un patto di impegno comune in vista della costituzione di una maggioranza di governo di sinistra. È la sola iniziativa seria di unità della sinistra assunta in quel momento. Tutte le altre organizzazioni, in particolare FI, rinviano la discussione sulle elezioni legislative dopo le presidenziali. Quindi le trattative cominciano solo dopo il secondo turno delle presidenziali, con un certo affanno e sotto il peso della egemonia di FI nelle discussioni programmatiche e nella assegnazione delle candidature. L’accordo della NUPES è inedito, al primo giro c’è un solo candidato di sinistra per circoscrizione. Nemmeno il Fronte popolare del 1936 ha funzionato con questo principio; allora si trattava di sostenere al secondo turno il candidato della sinistra piazzato meglio al primo turno. Nonostante questo passo storico, il NUPES ha conquistato solo 150 seggi. Questo significa tuttavia il raddoppio dei seggi in rapporto alle elezioni del 2017, certamente un progresso. La NUPES ha rappresentato un grande passo avanti, quello di porre il conflitto destra-sinistra, cioè lo scontro di classe, al centro del confronto politico in Francia. La NUPES è innanzitutto una coalizione elettorale parlamentare. Un intergruppo coordina le azioni dei 4 gruppi parlamentari (“ribelli”, socialisti, ecologisti e comunisti) ed esiste anche un gruppo di collegamento nazionale fra i gruppi dirigenti di FI, PCF, PS, ed Europe Ecologie les Verts. L’idea di un “Parlamento” NUPES è nata morta. Localmente, a livello delle circoscrizioni, sovente si è avuta una dinamica militante e una sollecitazione a condurre delle campagne in modo unitario. Questo ha fatto in modo che nascessero intorno ai deputati eletti delle strutture locali. Ma questo livello locale è molto vario sul territorio e i suoi obiettivi sono ambivalenti. Si tratta di comitati di base per dare forza all’azione del deputato eletto o l’embrione di un raggruppamento politico più ampio? In realtà per diversi fattori non c’è questo slancio politico.

FASE 5 Quale unità della sinistra per scongiurare la crisi francese? 

Se si confrontano le agende delle singole organizzazioni, che hanno concluso l’accordo della NUPES per le elezioni legislative, la debolezza di fondo della NUPES concerne le divergenze strategiche non regolate tra le forze che la compongono, in relazione al quadro della crisi di regime in Francia, che si traduce in una rottura fra il corpo della cittadinanza e la rappresentanza politica. L’astensione raggiunge livelli inediti: il 29% al secondo turno delle elezioni presidenziali, mentre l’estrema destra è presente in modo vergognosamente banalizzato, e per il 54% alle elezioni legislative. L’estrema destra si presenta come un candidato serio che aspira al potere, tanto che la sinistra nel suo insieme raggiunge solo il 34% dei consensi. La questione è dunque quella del percorso politico per scongiurare la crisi. FI opta per la destabilizzazione totale, per arrivare allo scioglimento della Assemblea Nazionale, nella speranza che nuove elezioni legislative siano più favorevoli di quelle del 2022, e che Macron perda la sua maggioranza parlamentare. Vuol dire sicuramente tentare il diavolo. La crisi francese è così forte che il panorama politico è molto volatile e totalmente imprevedibile, mentre il RN attua, con i suoi 89 deputati, una strategia meditata per conquistare il potere. Prima di ritornare alle urne, è necessario avviare un processo di ricostruzione della sinistra, per evitare la catastrofe che si annuncia. Bisogna immaginare nuove forme di unità della sinistra, pensate in rapporto al conflitto sociale, con le mobilitazioni sociali e il mondo del lavoro che rappresenta la maggioranza della popolazione. Bisogna far emergere, in questo processo dinamico, gli strumenti politici necessari e condurre la battaglia delle idee per unire la sinistra su solide basi per conquistare una maggioranza politica e sociale. L’unità della sinistra è sicuramente  questione che appartiene al futuro. Sappiamo cosa non funziona e conosciamo le insidie da evitare. È urgente. Le prossime elezioni legislative e presidenziali si terranno nel 2027. L’estrema destra le può scippare.  Impedire che la Francia si ribalti, questa è l’ampiezza della responsabilità storica della sinistra.,


* Comitato Nazionale del Partito Comunista Francese, vicepresidente del Partito della Sinistra Europea

Immagine da commons.wikimedia.org

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