L’agile mangusta

Dmitrij Palagi

Alfio NICOTRA, L’agile mangusta. Democrazia Proletaria e gli anni Ottanta, Alegre, Roma, 2021

Per le nuove generazioni le lettere “p” e “c”, pronunciate una dopo l’altra, è possibile smettano di significare anche personal computer, archiviando come superata anche l’osservazione di chi registrava il mutamento della sigla P(i) C(I) nell’immaginario diffuso tra la popolazione studentesca del XXI secolo. Un destino di oblio rischia di trascinare anche tutto ciò che c’era alla sinistra del più grande partito comunista dell’Europa occidentale nel secondo dopoguerra, nonostante la categoria demoproletaria accompagni ancora molte discussioni nei circuiti militanti.

Alfio Nicotra individua, in più passaggi del suo libro, il 1988 come “il punto di volta verso un rapido e inesorabile declino” di Democrazia Proletaria, nonostante sia anche il momento in cui si registra il numero di maggiori iscrizioni a questa formazione, con il superamento della “soglia psicologica delle diecimila adesioni”. Chi scrive queste parole è nato allafine di quell’anno e ha scoperto dal 2016, dentro la militanza di Rifondazione, la binarietà di due tradizioni su cui spesso si sviluppavano i commenti sui territori, rispetto al giudizio sul gruppo dirigente nazionale di un partito che sarebbe rimasto ancora per poco in Parlamento. L’agile mangusta è la traduzione editoriale di una tesi di laurea su cui l’autore ha lavorato nel periodo pandemico, per recuperare gli anni ’80 del secolo scorso da una lettura segnata dal senso della sconfitta, incapace di riconoscere la positività dei movimenti e delle lotte nate durante l’ascesa di Reagan e Thatcher a livello globale, con l’affermarsi della televisione commerciale in Italia come veicolo di una trasformazione radicale dei modi di agire e vedere la politica.

La struttura risente solo in minima parte della prima stesura accademica, ripercorrendo in sei capitoli gli eventi legati alla nuova sinistra tra il 1972 e il 1991, a cui si aggiunge un’importante parte dedicata alle appendici, con un’intervista a Franco Calamida (scomparso quando il lavoro era già pronto per la stampa), materiale grafico e fotografico, indici ed elenchi con cui orientarsi agevolmente nel ritornare alle pagine del volume, dopo una prima lettura.

Lo scheletro della documentazione citata percorre l’esperienza all’interno del Parlamento italiano, senza alcuna ambiguità sulla strumentalità di questa presenza istituzionale, sempre dialogante con l’organizzazione politica e in dialogo con i movimenti del Paese: la “traversata del deserto”, tra la prima consiliatura e la seconda, è evocata come un’eccezione nella storia della Repubblica italiana, di una forza politica che esce dal Parlamento e poi riesce a rientrarci. Le pagine sembrano innervate di quel «malinconico entusiasmo» di cui scrive Nicotra nel riportare il discorso di chiusura del congresso di Democrazia Proletaria che stabilì il suo scioglimento, per aderire alla nascente Rifondazione Comunista in modo individuale (ogni persona doveva singolarmente iscriversi al nuovo soggetto, intrecciando le compagne e icompagni del PCI con cui spesso c’erano state polemiche e attriti).

In un momento storico in cui le lotte per contrastare i cambiamenti climatici sono tornate a riempire le piazze e le strade, con caratteristiche forti sul piano generazionali, mentre si è certificato il disastro della guerra in Afghanistan voluta dalla Casa Bianca nel 2001, è importante poter ripercorrere la storia dei movimenti nati sulle questioni ambientali e della pace, a sinistra del Partito Comunista Italiano.

Una storia vissuta direttamente da un giovane dirigente politico di Democrazia Proletaria che non risparmia critiche alle divisioni della sua organizzazione, grazie a uno sguardo disincantato, ma privo di amarezze. L’agile mangusta è quindi una lettura utile anche sul piano della formazione di nuove generazioni che ancora aspirino a non rassegnarsi allo stato di cose presenti.

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