Nel documento 1 tutto porta all’alleanza con il centro sinistra

Nello Patta*

Con questo articolo intendo rispondere all’ultima tra le tante accuse infondate rivolteci dagli estensori del documento 1, quella di    banalizzare e distorcere la proposta politica del documento presentato da Acerbo che avremmo accusato di voler portare Rifondazione nel campo largo col cappello in mano.

Chiarisco intanto che la nostra critica non ha mai riguardato l’ingresso nel campo largo, ma l’intendimento di proseguire sulla strada degli accordi col Pd e col centrosinistra già praticata dalla parte del partito che si riconosce nel documento 1 in diverse elezioni amministrative come Bari e Perugia, dove abbiamo portato acqua al mulino di altri senza nessuna visibilità né riconoscimento per il nostro partito.

Pur tra mille affermazioni contraddittorie è tutto il documento ad essere centrato sulla necessità imprescindibile delle alleanze col centrosinistra presentate, a tratti, addirittura come indispensabili per la stessa sopravvivenza del partito. Né modificano il senso generale del testo le frasi che negano la volontà di allearsi col Pd aggiunte solo nella seconda versione del documento in seguito alle nostre critiche.

Si parte dalla critica a Chianciano

Fin dalle prime battute appare chiaro in che direzione il documento si svilupperà dal momento che indica l’origine della crisi del partito “a partire dalla scelta che facemmo nel 2008 di costruire “in basso a sinistra” un’alternativa ai due poli”: l’abbandono della prospettiva della costruzione di un’aggregazione della sinistra alternativa ai poli esistenti per puntare sulle alleanze col centrosinistra.

Una scelta anticipata nei mesi scorsi dalla rottura dei legami a sinistra attuata con la distruzione di Up giustificata con la necessità di preservare l’autonomia di Rifondazione Comunista senza cessioni di sovranità. Peccato che nei confronti della lista Santoro tale cessione sia stata totale: non abbiamo contato nulla e non siamo nemmeno stati riconosciuti come raccoglitori di firme, pur essendo stati determinanti nel raggiungimento di quell’obiettivo. Rottura a sinistra e subalternità a destra, questa è la linea espressa nel documento 1.

E’ mistificante far risalire l’origine delle nostre difficoltà alle scelte fatte nel congresso di Chianciano che, al contrario rappresentò il tentativo di rispondere alla crisi determinata dalle alleanze col centrosinistra e dall’impossibilità di spostarne a sinistra l’asse politico; un fatto testimoniato dal fallimento della sinistra Arcobaleno che precedette il congresso di Chianciano.

Si relativizza il nodo del liberismo

Nel documento la necessità dell’alleanza col Pd viene avanzata come conseguenza   dell’analisi in base alla quale sarebbe superata in Europa la centralità della contraddizione liberisti -antiliberisti mentre diventerebbe centrale la contraddizione fascismo- antifascismo.

Per questo si indica esplicitamente il fronte popolare francese come esempio di una possibile alleanza in Italia tacendo sul fatto che, mentre in Francia i rapporti di forza sono a favore della France Insoumise, nel nostro Paese la forza preponderante è quella del Pd che col suo allineamento alle politiche liberiste è corresponsabile della crescita delle destre.

È in questo contesto che si propone la costruzione di un fronte a partire da “punti dirimenti di programma” su cui verificare “ a tutti i livelli diverse possibilità, o impossibilità, di convergenze tattiche”.

C’è qui un punto che torna più volte nel documento 1, l’idea che la definizione di programmi condivisi sia di per sé sufficiente a garantire la capacità di incidere sui contenuti reali che l’eventuale coalizione porterebbe avanti. Cosa che non è stata vera quando contavamo molto di più e che oggi è semplicemente campata in aria.  Sbagliare è umano, perseverare diabolico. Si insiste in più passaggi per rivendicare l’autonomia del Prc ma non al fine di costruire un progetto autonomo bensì proprio per agire sulle contraddizioni del centro sinistra. Una cosa non molto diversa da ciò che fa Sinistra Italiana.

Si cita Melenchon ma non si è capita la lezione fondamentale che viene dalla France Insoumise che per anni ha contrastato la linea dei socialisti e non vi si è mai alleata: solo dopo aver rovesciato i rapporti di forza ha costruito l’alleanza con loro su un programma contro l’austerità.

Si sostiene che il PD è cambiato

Il documento 1, a maggiore conferma della necessità della nuova collocazione, sostiene che anche in Italia oggi il quadro politico è profondamente cambiato, non solo perché con le destre al governo assurgerebbe a contraddizione principale quella col fascismo, ma anche perché “Il centrosinistra…. non è più quello iperliberista che abbiamo contrastato per anni.” E perché “Non si può negare la novità rappresentata dall’affermazione nelle primarie dell’attuale segretaria del PD”
Affermazioni totalmente prive di fondamento di fronte a un partito, il Pd,  che oltre ad essere allineato sui vincoli europei e sull’austerità è arrivato a votare in Europa con Fratelli d’Italia a favore dei missili contro la Russia, cioè della terza guerra mondiale.

Lo stesso obiettivo, quello di motivare la necessità delle alleanze col Pd, gli estensori del documento 1  lo perseguono  sostenendo che per definirsi sinistra di alternativa è sufficiente l’avere una  strategia  per la  trasformazione sociale;  il tutto per concludere,  che si può essere alternativi  anche facendo le alleanze con i vari centrosinistra.

Particolarmente illuminante è il punto in cui si definisce riduttiva l’impostazione che si poneva l’obiettivo di “rompere lo schema bipolare e della alternanza” per porlo “a un livello ben più alto: l’alternativa di sistema”…..un compito ben più ambizioso di quello di definire il campo dell’alternativa sul piano politico”. In pratica, visto che abbiamo un obiettivo strategicamente altissimo, nella tattica possiamo fare ogni giravolta…

si sostiene una tattica ai limiti della spregiudicatezza.

Magari con giustificazioni aliene da qualsiasi finalità dicibile come quando si scrive che non si possono rifiutare le alleanze “anche quelle rese necessarie dalle infami leggi elettorali vigenti” che invece “debbono essere per quel che è possibile aggirate con una intelligente tattica ai limiti della spregiudicatezza”.

In realtà questo è il cuore della proposta politica: più siamo deboli e più dobbiamo essere spregiudicati nel fare alleanze elettorali. Che questa spregiudicatezza stravolga il progetto politico, la ragion d’essere di Rifondazione Comunista e la renda inguardabile agli occhi delle giovani generazioni pare non essere un problema per gli estensori del doc. 1. Indicare obiettivi altissimi per giustificare tattiche di basso livello non è cosa nuova ma certo non è tra la cose migliori che si possano fare.

Si accetta il bipolarismo

E potrei continuare, ma il punto è che scegliere una collocazione all’interno del bipolarismo non può essere considerata questione meramente tattica che non contraddirebbe una strategia del cambiamento. Il bipolarismo in Italia è stato costruito proprio per rendere impossibile il cambiamento e garantire la stabilità del sistema dominante. Abbiamo già sperimentato quanto abbia pesato sulla nostra crisi l’essere costantemente costretti nella condizione di rompere o essere assimilati al Pd e al centrosinistra e come ciò abbia prodotto nei nostri referenti sociali l’idea di una nostra omologazione al sistema dei partiti.

Un’altra chiave di lettura, che emerge chiaramente dal documento 1, un filo conduttore che lo attraversa tutto è la centralità dell’idea salvifica che l’eleggere   sia in sé elemento risolutivo per il rilancio di Rifondazione. 

E’ evidente che è meglio avere degli eletti piuttosto che non averli, ma questo non a qualunque costo… Qui appare chiaramente la logica politicista che pervade tutto il documento: la nostra crisi è fatta dipendere integralmente dalle scelte elettorali; i nodi veri, quelli individuati all’ultimo congresso come la necessità del radicamento sociale, di un rinnovamento generazionale, di migliorare la comunicazione, di valorizzare le competenze superando la condizione di partito leggero, continuano a non essere riconosciuti come fondamentali.

Dalle alleanze col PD a livello locale: nessun risultato

In realtà in questo modo, come risulta dalle alleanze col centrosinistra nelle recenti amministrative, succede che  non si elegga nessuno ma si mostra  molto chiaramente come la volontà delle alleanze ad ogni costo   arrivi fino al punto di  umiliare il partito  senza nemmeno il riconoscimento della sua esistenza.

Altroché rilancio del progetto e dell’autonomia di rifondazione qui siamo alla svendita di una storia dignitosa per il classico piatto di lenticchie… siamo alla mutazione genetica del partito della Rifondazione Comunista, la sua fine ingloriosa.

Se non si fa il polo alternativo si finirà in quello del centro sinistra.

La conferma ultima della direzione di marcia contenuta in questo documento è data da un semplice ragionamento logico: se si esclude la possibilità di costruire un polo alternativo al centro sinistra, è chiaro che le due scelte che rimangono sono quella di allearsi con il centro sinistra oppure di non presentarsi alle elezioni. Visto che tutto il documento sottolinea la necessità di eleggere ad ogni costo e che si esclude in tutti i modi di lavorare per un polo alternativo non occorre essere dei geni per capire che l’unica soluzione che rimane è quella di accordarsi, in un modo o nell’altro, con il PD alle prossime elezioni.

Per questo il documento 1 non avanza una proposta politica chiara  e nel Cpn il presentatore  ha detto che  quando sarà il momento (sic!)  si deciderà collettivamente, una formula generica per dire che il gruppo dirigente più o meno ristretto riserva a sé la facoltà di decidere sottraendola al dibattito democratico nel congresso.

Come si è fatto con la lista Santoro in cui i gruppi dirigenti sono stati sospesi e messi di fronte a fatti compiuti e anche gli iscritti si sono trovati ad osservare dall’esterno un processo di ingresso subalterno che non avevano potuto discutere in alcun modo. Nei fatti, non proponendo alcuna linea alternativa all’accordo con il centro sinistra, il documento numero 1 chiede semplicemente una delega al suo gruppo dirigente per poi fare l’accordo con il PD alle prossime elezioni senza proporlo esplicitamente.


*Componente della segreteria nazionale e responsabile lavoro PRC.

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