Neofascismo e democrazia: quando il futuro e’ rivolto al passato

Saverio Ferrari

L’orizzonte di un capitalismo con gerarchi feudali

Il neofascismo oggi in Italia non si muove più rincorrendo le ipotesi di sovvertimento istituzionale di tipo golpista come negli anni Settanta, ma si è incanalato da tempo su un crinale di erosione della coesione sociale e, per questa via, della tenuta del tessuto democratico. 

La distanza tra le organizzazioni cresciute nei Sessanta e Settanta e quelle odierne è abissale. Il contesto non è in alcun modo paragonabile. L’Italia della “Guerra fredda” non è quella di oggi. Il neofascismo era parte di uno schieramento anticomunista ampio, con vertici istituzionali, da quelli militari a quelli di polizia e di intelligence, attraversati da pulsioni e intenti eversivi dell’ordine costituzionale, con ampie quote della classe politica dirigente tentate da avventure reazionarie. Le formazioni attuali sono invece realtà poste ai margini dello schieramento politico, pur con legami, entrature e interlocuzioni con il più vasto mondo delle destre. Permane, come dato di continuità, il rifiuto della “democrazia” ma anche il rigetto del “mondo moderno”, del “mito democratico ed egualitario” e della “civiltà borghese”. Un tratto di identità che viene da lontano e che ha attraversato tutta la storia del neofascismo italiano. Viene dal rifiuto dei diritti formali di uguaglianza sanciti con le rivoluzioni borghesi. Una citazione per tutte di Julius Evola: “Il peggior male dell’Italia di oggi è il borghese: borghese-prete, borghese-contadino, borghese-operaio, borghese-signore, borghese-intellettuale. Quasi segatura, sostanza senza forma, nella quale non esiste più né un ‘alto’ né un ‘basso’”. (1) 

Da questo punto di vista Evola non è mai stato superato e ancora oggi il suo pensiero, come esamineremo, si coniuga con altri più “moderni”. L’orizzonte delle principali organizzazioni neofasciste italiane rimane quello di un futuro in realtà rivolto al passato, prospettando, non sembri una contraddizione, un capitalismo con gerarchie feudali. Una società dove si possano combinare sfruttamento, assenza di democrazia, mancanza di libertà e oscurantismo. La fraseologia pseudo-rivoluzionaria questo nasconde. Non certo il superamento in avanti dell’attuale sistema economico-sociale.  

FORZA NUOVA E CASAPOUND

Mentre Forza nuova, la più vecchia delle formazioni post-missine, si ispira senza infingimenti alla Guardia di ferro rumena fondata da Corneliu Zelea Codreanu, uno dei più sanguinari movimenti antisemiti che l’Europa abbia mai conosciuto, CasaPound, a differenza del partitino di Roberto Fiore, guarda al primo movimento fascista in Italia, di cui tenta di ripercorrerne le gesta. Una sorta di identificazione, a partire dai suoi caratteri pseudo-rivoluzionari e giovanili.

Nel programma di Forza nuova (Per la ricostruzione nazionale) al primo punto si pone l’abrogazione della legge  sull’aborto, seguito dal “Ripristino del Concordato Stato-Chiesa del 1929” e dalla rinascita delle “Corporazioni”. Circa il modello economico più volte si è espressa per un “ritorno alla centralità dell’agricoltura”, manifestando evidenti nostalgie pre-rivoluzione industriale.

Nel Programma politico di CasaPound spiccano, invece, il ritorno alla “Camera delle Corporazioni”, il controllo dello Stato in campo culturale ed educativo (come nella formazione della classe dirigente), lo sviluppo dell’industria degli armamenti e l’acquisizione in proprio di un arsenale nucleare. 

Dai loro contenuti programmatici riemerge dunque il fascismo nelle sue diverse varianti, anche di tipo integralista cattolico, come nel caso di Forza nuova, come modello istituzionale e come corpo dottrinario da candidare a governare il presente, pensiero basato sull’ineguaglianza, non in antagonismo ma compatibile con il capitalismo neoliberista, dentro “la crisi della globalizzazione”. (2) 

A questo orizzonte corrisponde conseguentemente anche un  progetto di “rivoluzione-reazione” in cui si cerca di rideclinare le gesta del passato. Il mito della “Marcia su Roma”, di cui quest’anno ricorrerà il centenario, è ancora vivo, a partire dal ricorso alla violenza, ampiamente coltivata. L’assalto squadrista il 9 ottobre scorso alla sede nazionale della Cgil da parte di Forza nuova ne è stata la rappresentazione ultima più evidente.     

LA COMUNE STRATEGIA DELLA TENSIONE XENOFOBA

Le nostalgie e le ascendenze nell’area del neofascismo italiano sono dunque variegate. Ma al di là delle differenze e delle specificità, è ai tratti comuni di questo arcipelago nero che bisogna guardare. Da questo punto di vista, trasversalmente, il neofascismo odierno si riconosce in un’analisi della globalizzazione che denuncia il potere delle élite finanziarie identificabili ancora una volta nei banchieri ebrei, da Soros a Rotschild, i cui progetti punterebbero alla trasformazione delle società occidentali in società sempre più “multirazziali”, nonché al “sostitutismo” della popolazione lavoratrice “bianca” con altra di colore, nord-africana in particolare. Anche la pandemia da Covid-19 è stata interpretata come una manovra orchestrata da questi poteri forti, volti all’instaurazione di una sorta di “dittatura” all’insegna del “pensiero unico”. Nelle élite si individua la genesi di ogni complotto. Da qui la difesa del  “povero bianco”, che perde diritti e spazi e che “disprezza la mescolanza”, ora abbandonato e colpevolizzato. Da qui il muoversi “in nome del popolo”, promuovendo, come è accaduto, movimenti contro la “dittatura sanitaria”, parte di un tentativo per cercare di rappresentare delle collettività, dei pezzi di società abbandonati. I luoghi, non a caso, dell’agire sono le periferie delle grandi metropoli e i temi sono quelli della difesa dello Stato sociale per la popolazione “autoctona”. Comune è anche una sorta di strategia della tensione xenofoba con campagne organizzate su temi sensibili come la sicurezza, contro i centri di accoglienza e i campi Rom. Questi i principali piani verso una società all’insegna di una conflittualità di tipo etnico, falsamente del “basso” contro l’“alto”, in cui cancellare gli spazi di solidarietà, i suoi valori, e con essi i diritti costituzionali. 

I CARATTERI DI UN “MODERNO” FASCISMO

Il neofascismo italiano ha guardato con interesse negli ultimi anni a due diverse esperienze, da un lato al trumpismo negli Stati Uniti, cogliendo in esso i possibili caratteri di un “moderno” fascismo, con il suo disprezzo e volontà di distruggere lo Stato di Diritto, il suo fondamentalismo religioso e la sua visione autoritaria della politica, dall’altro al putinismo in Russia, e in particolare ad alcuni suoi mentori: tra questi Alelksandr Dughin, più volte in Italia e le cui opere (pubblicate in Italia da Aga edizioni dell’ex terrorista nero Maurizio Murelli), sono state assunte come nuovo riferimento da una parte significativa dell’area. 

In una sua recentissima intervista, come nel suo ultimo libro I Templari del proletariato, Dughin auspica una “restaurazione della tradizione” contro “l’Occidente liberale e globalista”, mosso dal progetto del “Grande Reset”, ovvero dal piano delle élite per “stabilire un controllo totale non solo sui corpi delle persone, ma sulle loro menti”. In questo quadro, Dughin, esalta i “sostenitori del sacro Medioevo” e dipinge la Russia come l’erede della “Beata Vergine Maria” (!) (3) Non siamo, con tutta evidenza, al superamento della democrazia borghese e tanto meno del capitalismo, ma a un ritorno con Evola (di cui Dughin non a caso è stato il suo traduttore in russo) a una visione di società sprofondata nel passato antecedente la Rivoluzione francese, in cui potere politico e religioso coincidevano.       

DERIVE ARMATE

Nell’ambito della tenuta delle istituzioni democratiche va colta, infine, la deriva di chi anche in Italia nell’area del neofascismo si orienta verso pratiche di tipo terroristico. Riguarda piccoli gruppi per lo più influenzati da ideologie di tipo suprematista. Un fenomeno intensificatasi recentemente da non sottovalutare. In soli due anni si è infatti provveduto, da parte della magistratura e delle autorità di polizia, a intercettare e disarticolare più di una formazione. Nel novembre 2019 è avvenuto nei confronti del Partito nazionalsocialista italiano dei lavoratori, con tanto di simbolo tratto dalle Waffen-SS, nato a fine 2016, dotato di armi ed esplosivi, presente in Lombardia, Piemonte, Liguria e Veneto, in contatto con l’organizzazione terroristica Combat 18. Sempre nello stesso mese, la Digos di Firenze aveva perquisito dodici persone, tra Siena e provincia, con l’accusa di associazione per sovvertire l’ordine democratico, trovando armi ed esplosivi, elmetti e divise tedesche. Durante le intercettazioni era anche emerso che alcuni degli indagati avessero l’intenzione di far saltare in aria la moschea di Colle Val d’Elsa. Nel solo 2021 si sono, invece, di fatto sciolti ben cinque analoghi raggruppamenti in procinto di passare alla  lotta armata, con l’intenzione di colpire, armi alla mano, avversari politici, ma anche ebrei, omosessuali e stranieri. A gennaio è stata la volta di Sole Nero, a maggio de L’ultima Legione, a giugno dell’Ordine Ario Romano, a luglio di Avanguardia Rivoluzionaria, per finire in ottobre con l’Ordine di Hagal. Tutte minuscole realtà, non costituite da giovanissimi, se non in un caso, ma da militanti in età matura provenienti da precedenti esperienze politiche nella destra radicale, in particolare da Forza nuova. Un dato preoccupante.

                                                                SAVERIO FERRARI    

Note

1) Julius Evola, Gli uomini e le rovine,  pagina 163, ed Volpe, 1972.

2) Interessanti e condivisibili le analisi e le riflessioni di Valerio Renzi nel suo ultimo lavoro Fascismo mainstream, Fandango 2021. 

3) Aleksandr Dughin: È una guerra alle oligarchie mondiali, intervista di Francesco Borgonovo, «La Verità», 21 marzo 2022.

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