Poesie

Cristina Corradi*

Sempre sei stato comunista

odiavi il privilegio e la menzogna 
sapevi che la bellezza non offre salvezza,
se non si varca la porta
stretta della critica economica.

Sempre sei stato comunista
né pazzo né fanatico
volevi più verità
per essere agli altri più vero
estremo nel desiderio
di cibo buono per tutti.

Sempre sei stato comunista
la religione dell’estetico
ti pareva vino da servi, 
rifiutavi il verso
come lusso vita arbitrio,
decadente culto padronale
sprezzante del comune.

Sempre sei stato comunista
la poesia non ti bastava
volevi realizzata
la promessa d’interezza,
tramortita la forma
attributo di dominio.

Sempre sei stato comunista
a volte speciale, repulsivo
tu pure comunista in un cuore solo,
i compagni non riconoscevano
l’intransigente disciplina
che di questo mondo voleva la fine.

Sempre sei stato comunista
non ti dicevi poeta,
la poesia per te non era
estasi dell’io, recita
di privata ossessione
ghetto di compiaciuta rovina 
gratificazione della forma.

Sempre sei stato comunista
il tuo marxismo critico
amaro dono di Cassandra
coglieva in anticipo i nessi
passi di falsi progressi
gorghi e vicoli ciechi.

Sempre sei stato comunista
e ti chiedevi se la forma
letteraria allusiva di pienezza
fosse migrata altrove,
non cercavi rimedio né requie
sola testimonianza precisa
di una proposta umana.

Sempre sei stato comunista
ti accusavano di astratto
profetismo moralista,
ma la tua spada spezzava
l’aria ammorbata dal consenso
di abati vati ribelli cortigiani.

Sempre sei stato comunista
anche se non c’era da sperare
continuavi a educare.
Alla pigrizia della storia
non affidavi l’inversione, 
credevi irresistibile
la tentazione del bene.

Sempre sei stato comunista,
quando la trave marcia crollerà
sotto il peso di una rondine,
colombi astuti e candide volpi
torneranno ai tuoi giardini.

Viviamo in tempi confusi non bui

non udiamo rumori di cannoni
ronzii di insetti audiovisivi
anche noi guadagniamo a caso
e nulla di quel che facciamo merita lustro.
non partecipiamo coscienti a lotte di classe
guerre gergali, polemiche fra cricche
a noi che non prepariamo terreno
per la gentilezza,
l’ira per il nemico non stravolge i volti, 
i volti sfigurati dalla chirurgia estetica. 
privi del dono d’integrità e lirica
la tua voce, compagno B.,
ci raggiunge ancora,
spetta a noi chiederti indulgenza.

Canzone della pena capitale

Il capitale, pare,
non ha stazione né fermata
neppure una frenata.
Malato di tisi, sì, porta crisi,
ma è colpa di cinesi e debiti statali
del socialismo ancora le vestali.
Crisi, dicono, un’opportunità di cambiamento,
e se stai male, tuo personalissimo scontento.
Aria inquinata terra prosciugata,
produzione delocalizzata
si capisce che la classe s’è squagliata,
ignorata s’è transustanziata
e dopo un po’ s’è pure vendicata
populista, razzista, fascista è diventata
non vota più la destra liberista
da decenni non s’affida alla sinistra
la quale, d’altro canto, ha ben altro a cui pensare
(vincoli europei eventi culturali
diritti singolari multinazionali).
Nel frattempo ostinate
si riproducono differenze monetarie
figlie di flussi finanziari,
camuffati come guerriglieri.
Ti guardi intorno e vedi
macchine desideranti,
diversa capacità di spesa
stile simile, identica pretesa
la TV sempre accesa, la rete fa da presa.
Il comunismo di Deleuze e Guattarì
invisibile come un colibrì.
Adorno e Pasolini avevano spiegato
il potere non ce l’ha mica il patriarcato,
non la religione, la morale né lo Stato,
nemico imbattibile il consumo organizzato.
Più a fondo vecchia talpa aveva già scavato
in una merce speciale,
forza lavoro involata in denaro
l’arcano svelato. Ma il velo s’è riformato
sebbene sia vietato.
Il capitale s’emancipa, si liberalizza
si fa ribelle, estetico, si femminilizza
viaggia parla lingue si rifà le labbra
acculturato di sinistra adora il meticciato
e vallo a spiegare all’emigrazione
che è avanguardia dell’ibridazione.
Nessun problema, amici,
chiesa liberaldemocratica predica integrazione,
almeno coscienza salva e l’INPS ci paga la pensione.
I capitali intanto migrano liberamente
rifiuti e guerra esportano democraticamente
a un prezzo conveniente.
La finanza non ha più nazione, 
internazionalismo rivoluzione.
Abbattute le frontiere,
non decidi neppure dove mettere fioriere 
manca lo spazio democratico
di sovranità viatico.
Ma almeno lei, la circolazione, è libera
e il salario ha castigato, senza peccato,
per competere abbattiamo il costo del lavoro
se i lavoratori si scannano, peggio per loro.


*Cristina Corradi ha scritto, nel 2008, Storia dei marxismi in Italia, edito da manifestolibri. Le poesie presenti in queste pagine sono tratte dalla raccolta Destini capitali, pubblicata da Ensemble nel 2020


Immagine da www.ospiteingrato.unisi.it

Print Friendly, PDF & Email