Religione e politica nella crisi della modernità: il caso del Brasile

Teresa Isenburg

La religione irrompe in anni recenti  sulla scena politica (che può diventare militare) con forme non disciplinate da mediazioni istituzionali e formali condivise. Subito viene alla mente il fondamentalismo e l’integralismo islamico (anche per il suo scivolamento sul versante bellico), ma ne esiste uno potente di matrice cristiana. Altro sono Stati nei quali in diversi modi la fonte religiosa entra nella produzione del diritto attraverso percorsi parzialmente definiti.  In questa sede ci si limita a fornire alcune informazioni relative all’agire in ambito politico di alcuni sodalizi religiosi di ispirazione cristiana, in particolare pentecostali e neo pentecostali, in specifico in Brasile in cui la loro influenza è forte. In realtà il protagonismo di questi gruppi con caratteristiche integraliste è significativo anche negli Usa e in diversi paesi iberoamericani nonché nell’Africa sub sahariana. Ma in Brasile negli anni recenti esponenti di queste che si autodefiniscono “chiese” e che rispondono a statuti e “ragioni sociali” molto imprecisi hanno per vari motivi occupato posizioni di primo piano nelle istituzioni di alto livello gerarchico acquisendo un grande potere decisionale e operativo. È di questa sovrapposizione di fatto religione/politica che cercherò di dare qualche notizia. In particolare intendo riferirmi alle grandi aggregazioni che raccolgono milioni di seguaci, che hanno molta influenza e dispongono di risorse finanziarie e comunicative significative, le megachiese spettacolari ben presenti anche negli Stati Uniti. Si ritiene  che circa il 40% della popolazione graviti in quest’area.  Va tenuto tuttavia presente che esistono anche molte piccole chiese e parrocchie guidate da pastori che svolgono un lavoro spirituale e sociale quotidiano di accompagnamento fraterno delle loro comunità [i].

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Le megachiese

Le megachiese hanno occupato un vuoto lasciato dal restringimento  della chiesa cattolica romana dopo la delegittimazione negli anni ’80 del Novecento  della teologia della liberazione accompagnato dallo spostamento dell’attenzione verso i paesi dell’Est europeo  e dall’indebolimento, legato al rapido inurbamento di massa iniziato negli ultimi lustri del XX secolo, del cattolicesimo rurale e delle sempre perseguitate religioni afrobrasiliane. Le organizzazioni partitiche hanno in parte perduto, nel clima volutamente “antipolitico” costruito in Brasile come altrove, la vocazione a costruire anche una rete sociale continuativa nel tempo che includeva militanza politica, formazione culturale, momenti di svago. In questo vuoto si inseriscono le megachiese che propongono un pacchetto completo: una visione del mondo (terreno e ultraterreno), spazi di incontro con iniziative mirate in funzione di differenti pubblici (giovani, coppie, famiglie ecc.) o attività di ricreazione (concerti, cd, film, libri, incontri di preghiera ecc.), oltre a  piccolo commercio. Tutto bene, dunque?

In teoria  non ci sono problemi, una attività socio-spirituale è ovviamente legittima. Ma nel caso in questione ci sono almeno due aspetti che suscitano contraddizioni. La  prima è l’uso politico, mutevole a seconda degli equilibri interni, che i dirigenti delle megachiese fanno del capitale elettorale dei loro fedeli. Così alcune chiese, ed in particolare la Igreja Universal do Reino de Deus/IURD,  hanno sostenuto elettoralmente le due elezioni del presidente Lula (2003-2010), soprattutto attraverso la potente rete di tv e radio Record di loro proprietà. Ma a partire dal 2015 deputati legati in prevalenza alle Assemblee di Dio hanno cominciato ad agire come forze trainanti nel processo eversivo di deposizione anticostituzionale della presidente Dilma Rousseff  (agosto 2016). Dall’appoggio elettorale esponenti delle aggregazioni pentecostali e neopentecostali sono  via via passati a  occupare posti di rilievo nell’apparato di governo e dell’amministrazione federale e degli Stati.

     La definitiva collocazione a destra e su posizioni antisociali delle dirigenze delle megachiese si è compiuta con l’appoggio compatto alla manipolata elezione presidenziale di Jair Bolsonaro nel 2018, con un uso al di fuori delle regole  dei luoghi di culto per propaganda politico-partitica e promozioni varie di voti di scambio. E certamente il massiccio voto dei fedeli delle megachiese a favore del capitano nostalgico del regime militare (1964-1985) e della repressione, con uso sistematico della tortura contro gli oppositori politici, è stato determinante nel portarlo al potere. In questo contesto rappresentanti dell’area pentecostale e neopentecostale hanno iniziato a proporsi e imporsi per occupare in prima persona posizioni nell’esecutivo  con un  dichiarato progetto di potere per inserire nelle scelte del governo la propria visione del mondo, indipendentemente dai dettati della Costituzione del 1988.  Al di là delle posizioni antisociali e neoliberiste  della maggioranza dei parlamentari e componenti dell’esecutivo, espressione anche delle chiese evangeliche che si esprimono nell’appoggio a tutte le misure del governo, molto dannose per i ceti popolari ( di smantellamento dello stato sociale, di precarizzazione dei rapporti di lavoro e di privatizzazione delle imprese pubbliche), votate in questi anni dal parlamento, quello che caratterizza questi politici è di orientarsi secondo categorie morali da loro elaborate con l’obiettivo di renderle vincolanti per l’insieme dei cittadini attraverso l’azione legislativa. Qualche esempio può aiutare a rendere più chiaro l’effetto devastante di questa deriva  per il funzionamento delle istituzioni e per la vita quotidiana dei cittadini.

                        Evangelici nel governo Bolsonaro

All’interno del governo Bolsonaro iniziato il 1° gennaio 2019 alcuni dicasteri importanti sono stati assegnati a esponenti pentecostali e neo pentecostali. Mi soffermo, in primo luogo, sul Ministero della donna, della famiglia e dei diritti umani/MFDH con delega anche alle politiche per le popolazioni indigene, per infanzia, adolescenti, neri, LGBTQ. A capo è stata posta Damares Regina Alves, competente esponente del più estremo fondamentalismo evangelico, che ha scelto molti dei suoi più stretti collaboratori nel sub mondo neonazista che ha in Brasile diverse cellule ben inserite nella rete internazionale. Figlia di un pastore della Chiesa Quadrangolare pentecostale statunitense, anch’essa pastora prima pentecostale, nell’ultimo decennio predica nella chiesa battista di Lagoinha di Belo Horizonte. Capace, efficiente, crociata combattente per fare trionfare ovunque la propria fede, molto protetta dalle massime autorità ha svolto in questi  anni un lavoro di successo (dal suo punto di vista) soprattutto in due campi: lo smantellamento di quanto fatto negli anni passati nel campo  dei diritti umani  e la militanza ossessiva contro l’interruzione volontaria di gravidanza e in difesa della famiglia tradizionale. Nella pratica questo ha significato il taglio delle attività per la conoscenza e memoria degli anni della dittatura militare con i suoi orrori, la cassazione di molte pensioni di perseguitati politici di quegli anni in particolare dalle forze armate, il sabotaggio instancabile della  ricerca e del ritrovamento degli scomparsi politici attraverso l’identificazione di fosse comuni e analisi del DNA, azione che porta anche a incontrare le spoglie dei cittadini, soprattutto giovani neri delle periferie, che scompaiono ogni giorno inghiottiti dalla repressione illegale e vendicativa delle forze dell’ordine. Crudele è la sadica persecuzione di donne adolescenti e giovani che in modo legale scelgono di porre termine a  gravidanze conseguenza di violenze. Devastante è l’azione presso le popolazioni ancestrali con l’invio ininterrotto di missionari integralisti nelle terre indigene e con la propaganda antivaccinazione.  Per tutte queste azioni al di fuori della legalità diverse sono le denunce nei confronti della ministra presso le Nazioni Unite. Damares inoltre a livello internazionale è una delle coordinatrici della Dichiarazione del cosiddetto “Consenso di Ginevra” che dal 2020 riunisce rappresentanti di stati e governi  al fine di  fare retrocedere, nelle agenzie delle Nazioni Unite, la questione riproduttiva dal campo sanitario a quello morale.

Altri esempi. Fra il 2020 e il 2021 è stato ministro della giustizia e sicurezza pubblica André Luiz de Almeida Mendonça, pastore della chiesa presbiteriana Speranza di Brasilia. Come ministro ha chiesto confidenzialmente agli organismi di intelligence di raccogliere dossier su 579 “poliziotti antifascisti” di un sodalizio che così si denomina. Molto intenso è stato  il ricorso da parte del ministro, per reati di opinione (articoli, caricature, striscioni), alla Legge di Sicurezza Nazionale, un vecchio arnese della dittatura militare che avrebbe dovuto essere seppellito da tempo. Il 16 dicembre 2021 lo stesso pastore, cambiata casacca, è stato insediato come ministro del Supremo Tribunale Federale/STF, massima istanza del potere giudiziario e guardiano della Costituzione del 1988. Fra le sue dichiarazioni in vista dell’incarico risalta l’assicurazione a una assemblea di vescovi pentecostali e neopentecostali di volere seguire le loro indicazioni. Un insulto evidente al carattere istituzionale della carica.

Infine il 16 luglio 2020  all’educazione è stato nominato Milton Ribeiro, pastore della chiesa presbiteriana Giardino di Preghiera di Santos, teologo, avvocato, docente della Università Presbiteriana Mackenzie di San Paolo. In seguito a denuncia è stato richiamato dal Supremo Tribunale Federale per dichiarazioni omofobiche; difende il diritto  della scuola a casa (in un paese di milioni di persone che vivono in insediamenti informali) e il controllo sul contenuto della didattica degli insegnanti. Mentre scrivo queste note, è travolto da una bufera per la denuncia dell’esistenza di un gabinetto parallelo di pastori con accesso diretto al ministro per  influenzare le decisioni del dicastero nella distribuzione di risorse a municipi e imprese in base a interessi politici e personali. Sempre più evidente risulta infatti l’affarismo che muove non poche delle scelte dei politici che fanno riferimento all’area evangelica. Per sodalizi che considerano centrale la morale non è male.

                        ELABORAZIONE TEOLOGICA

Può infine  essere utile indicare in modo riassuntivo il contenuto prevalente di queste religioni che si dichiarano cristiane, si definiscono evangeliche e fanno riferimento alle Scritture. Esse si ispirano  a una elaborazione nota come “teologia della prosperità”, che afferma che Dio vuole che i  suoi fedeli siano economicamente  ricchi, sani fisicamente e individualmente felici. Il benessere del credente viene posto al centro della preghiera e rivendicato come un diritto che Dio ha il compito o l’obbligo  di realizzare.  Così Dio viene trasformato in uno strumento al servizio dei fedeli in un rapporto di mercanteggiamento mediato dalle chiese e dai sacerdoti e incentrato sull’idea che quanto più il fedele è disposto a “investire” nella contrattazione con Dio attraverso la decima e altre forme di offerte (sulle quali le chiese non sono tenute a presentare una contabilità) tanto più verrà ricompensato nell’ottenere ciò che chiede nelle preghiere. Questo tipo di pensiero assai semplice si concilia con gli indirizzi culturali prevalenti nel neoliberismo  dominante e alimenta quella che potremmo definire una religione di mercato che si affianca a quella che alcuni chiamano una democrazia di mercato. Altro punto forte della costruzione religioso-culturale del pentecostalismo e neopentecostalismo brasiliano  è un granitico integralismo che nega ed avversa tutto ciò che non rientra nella sua limitata visione e che si traduce in una istigazione all’odio; in particolare contro la religiosità di derivazione africana, contro gli afflati della chiesa cattolica romana promossi da papa Francesco, contro il rispetto dei diversi orientamenti sessuali, contro le donne che prendono in mano il proprio destino. Tale intolleranza produce una diffusa violenza contro le persone e i luoghi di incontro, inducendo un clima di paura e preoccupazione. Infine vi è un ulteriore aspetto culturale che porta con sé conseguenze politiche. Molti sacerdoti delle chiese evangeliche aderiscono alla dottrina del dispensazionalismo, una interpretazione escatologica ispirata  soprattutto al libro dell’Apocalisse che inquadra l’agire di Dio nel mondo secondo ere differenziate. Senza cercare di spiegare questa non sempre  chiara concezione  si può notare che essa porta ad avere particolare attenzione all’Israele biblico che diventa vicinanza con l’Israele di oggi. Così diversi sacerdoti si recano in Israele per essere battezzati nelle acque del Giordano mentre fra i simboli utilizzati, soprattutto in iniziative pubbliche di massa, sventolano bandiere dello Stato di Israele. La faraonica sede centrale della IURD a San Paolo è denominata Tempio di Salomone ed è una supposta  ricostruzione del tempio originale, decorato con menorà e  con personale che si ispira alle disposizioni del libro del Levitico.

                        CONCLUSIONE

In conclusione quello che si può schematizzare è che oggi in Brasile una parte non piccola delle strutture istituzionali è occupata da emanazioni di sodalizi religiosi poco definiti formalmente che sovrappongono al dettato costituzionale le loro interpretazioni delle relazioni politico-sociali. Questo in un contesto in cui anche altri gruppi corporativi sono stati cooptati dal governo Bolsonaro e contribuiscono a  colonizzare settori importanti dell’esecutivo e dello Stato: i militari che hanno oltre 3000 esponenti che occupano incarichi a livelli alti dell’apparato e le milizie, potenti soprattutto a Rio de Janeiro,  che costituiscono un corpo parallelo ben collegato a quello ufficiale, politico e amministrativo. Sistema istituzionale e poteri informali si intrecciano in un confine confuso, con grave minaccia e pericolo per la costruzione e il consolidamento dello Stato di diritto. Se in Brasile il processo è particolarmente evidente, si sa che situazioni analoghe si verificano in non pochi paesi con modalità specifiche per ognuno di essi. L’antidoto migliore è sconfiggere l’antipolitica che ha come primo scopo quello di allontanare i cittadini dalla partecipazione attiva e vigile.

Teresa Isenburg, già docente di geografia politica all’Università degli Studi di Milano, attualmente vive in prevalenza in Brasile dove mantiene contatti con movimenti sociali e organizzazioni per la difesa dello stato di diritto. Dopo lo scioglimento del PCI è iscritta al Partito della Rifondazione comunista.


[i] In Brasile la grande stampa informa in modo molto selttivo, ma vi è un vivace insieme di blog di qualità  a libero accesso facilmente consultabili. Ne cito alcuni per chi volesse seguire gli accadimenti: Agência Pública, Brasil 247, Brasil de Fato, ConJur, The Intercept Brasil.

Sulle tematiche religiose, oltre a parecchie riviste di sociologia e antropologia, sono utili i siti dell’

ISER/Instituto de Estudos da Religião di Rio de Janeiro e dell’ateneo dei gesuiti di  Unisinos/Universidade do Vale do rio dos Sinos, São Leopoldo, Rio Grande do Sul che comprende anche l’Instituto Humanitas .

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