Rompiamo gli ormeggi e prendiamo il largo

Rosa Rinaldi *

Alle ultime elezioni regionali sono stata candidata alla presidenza della regione Lazio per Unione Popolare. Una campagna elettorale, partita con notevole ritardo anche per le diverse opinioni che vi ruotavano attorno. Tuttavia, e nonostante i tempi strettissimi, posso dire che è stata una buona occasione se finalizzata all’incontro e al coinvolgimento di tante e tanti militanti. Una campagna politica in cui ho incontrato molti comitati ambientali, in difesa della sanità e dell’ospedale, comitati di lavoratrici e lavoratori precari, comitati di quartiere, insomma tante persone, e ho potuto misurare la difficoltà di farsi conoscere come progetto politico, specie se questo avviene nella competizione elettorale. Ma è stata anche un’occasione per Unione Popolare e il suo simbolo di stare nel dibattito politico regionale, intervenire nelle trasmissioni televisive e radiofoniche, con l’obiettivo di far conoscere le nostre proposte e il nostro progetto politico.  Una campagna elettorale in cui ho avuto modo di parlare con migliaia di persone, di conoscere le questioni delle diverse province del Lazio e dei loro comuni. Insomma, abbiamo sviluppato una campagna politica e di incontri che non andrebbe dispersa. Anche per questo ho riunito nei giorni scorsi alcune delle realtà incontrate durante la campagna elettorale, come per esempio le aziende agricole in lotta contro l’inceneritore di Roma a Santa Palomba, comitati in difesa del servizio sanitario pubblico, lavoratori e lavoratrici precari.  Insomma, una campagna politica che ha evitato l’assenza di una proposta programmatica e politica per il Lazio realmente alternativa e fuori dal coro del centrosinistra che da anni ha responsabilità dirette sul governo della regione. Quindi, pur in ritardo, abbiamo ritenuto necessario che in un’occasione come quella delle elezioni, peraltro regionali, e dopo la pandemia –  con le responsabilità e le competenze specifiche che ha la Regione –  abbiamo ritenuto di non poterci sottrarre a una evidenza pubblica della nostra esperienza politica. Abbiamo anche ritenuto che la campagna elettorale potesse rappresentare un momento utile a raccogliere quel po’ di attenzione e coinvolgimento in più che c’è in queste occasioni, quantomeno da parte delle attiviste e attivisti, evitando un vuoto che non ci avrebbe consentito di poter dare alcuna indicazione di voto alle nostre compagne e compagni. Certo, il nostro risultato specifico è stato più che deludente, tuttavia il dato politico davvero preoccupante è stata la scarsissima partecipazione al voto che si è registrata, un’affluenza  delle cittadine e dei cittadini ridotta ai minimi termini: il 37,2% a livello regionale e il 35,18% a Roma, un dato preoccupante per la democrazia che denuncia la distanza tra “governanti e governati”, insieme alla dimostrazione che le regole elettorali come il maggioritario e il taglio della rappresentanza degli eletti  hanno trasformato il senso stesso del voto. 

Il nostro no all’autonomia differenziata

Le elezioni regionali certo non “scaldano i cuori”, nonostante le importanti competenze loro assegnate. Una partecipazione che denuncia la distanza tra le Regioni non vissute come enti di prossimità e i cittadini. Del resto, buona parte delle Regioni governate indifferentemente da centrosinistra o centrodestra hanno sviluppato una vera e propria campagna a favore dell’autonomia regionale differenziata, ovvero le Regioni più ricche e più forti si spartiscono le maggiori risorse economiche da un lato, e dall’altro danno il via a uno smembramento dell’unità nazionale oltre che dei principi costituzionali come l’uguaglianza. Anche per questo siamo contro ogni autonomia regionale differenziata: perché è evidente che allargherebbe il solco della disuguaglianza tra le persone e i territori, darebbe più risorse economiche a chi ne ha già di più e continuerebbe a togliere alle regioni più in difficoltà. Il voto è democratico se è libero e se davvero è l’occasione per partecipare e scegliere i propri rappresentanti. Se invece, nella vulgata, si trasforma in “voto utile”, ovvero un voto per il governo e non per il cambiamento, giudicando inutili le assemblee elettive come i consigli, ecco io credo che a questa costruzione di narrazione e senso comune dovremmo opporci e presto, ripristinando i principi costituzionali, perché il voto o è libero o non è! Insomma, non ho mai militato per 21 staterelli; credo che si debba riprendere il cammino di uguaglianza nei diritti e nelle opportunità; che vada riconquistato un Servizio sanitario nazionale ribellandosi ai 21 sistemi sanitari regionali e massimamente privatizzati; credo nel diritto allo studio per tutte e tutti. Perciò, rimettiamo al centro la Carta Costituzionale fin troppo vilipesa da centrosinistra e centrodestra.

Costruire l’alternativa

Tutto ciò interroga anche noi che vogliamo dare vita e sviluppare Unione Popolare. Sono sempre più convinta – lo ero prima della campagna elettorale, e lo sono tuttora –  della necessità di dare vita a un vero e proprio processo costituente per un’alternativa politica da proporre al Paese, un’alternativa di sinistra non compromessa e che quindi guardi all’arcipelago di esperienze che si muovono nel Paese e nella società. In questo senso ritengo che la costruzione di Unione Popolare vada decisamente accelerata; che la partecipazione alla sua costruzione debba essere più larga di quanto sia stato fino a ora, e debba avere i caratteri popolari e di sinistra, ovvero debba riguardare direttamente le persone e le tantissime associazioni che avvertono la politica come altro da sé, distante dalle proprie condizioni di vita, dai problemi quotidiani che la condizione sociale, di lavoro, abitativa, di studio, di giovane, di anziano, determina. Una politica che rappresenti anche il sogno, l’aspirazione, l’occasione lo strumento per realizzarli. “Un altro mondo è possibile”, se proviamo a incontrare il mondo e non solo a immaginarcelo, se sui grandi temi come la pace, l’ambiente, l’accoglienza, le mescolanze sociali e di origine, la solidarietà, il lavoro, il reddito, lo studio, la cura…. se ci riconoscessimo nelle nostre differenze, forse saremmo più curiose e curiosi verso le diverse esperienze, conoscenze, provenienze, competenze…forse avremmo tutte e tutti qualcosa da imparare!

Insomma, Unione popolare dovrebbe innanzitutto nascere davvero e proporsi un viaggio, una sorta di carovana nei comuni, nei quartieri, davanti alle aziende, agli ospedali, alle ASL, alle scuole ai centri di formazione professionale, di fronte ai centri commerciali divenuti  le “piazze” contemporanee soprattutto dei quartieri periferici, insomma conoscere la società e il sociale di cui tanto parliamo.

Contemporaneamente il processo di costruzione deve essere più tangibile, deve allargarsi alla partecipazione, essere democratico, coinvolgente, presente nei territori, insomma un processo di costruzione che deve diventare popolare, democratico e aperto. Dovremmo anche darci qualche regola per poterci riconoscere meglio nella costruzione di Unione Popolare, e considerando che si tratta di farlo tra realtà politiche differenti e tra soggetti singoli e collettivi che danno vita al processo costituente.

Insomma rompiamo gli ormeggi e inizi il viaggio, stabiliamo le tappe, non incagliamoci nei primi scogli ma prendiamo il largo con le regole condivise e cercando il vento giusto.


* Rosa Rinaldi, della Direzione nazionale Prc è Presidente del Comitato Politico Nazionale. È stata Sottosegretaria al Ministero del Lavoro, Vice-Presidente della Provincia di Roma e dirigente sindacale FIOM e Funziona Pubblica CGIL.

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