Tra via Tolemaide e via San Benedetto

Domenico “Megu” Chionetti*

“Ragazzi, questo ventennale del G8 dobbiamo farlo bene! Perché dopo ci resta solo il trentennale…” First reaction: future! Quando ho sentito questa frase in una riunione plenaria di rete, verso luglio 2021, la mente subito si è come sospesa. Ho pensato a mia figlia Sara che tra una decade avrà 20 anni, dove sarà? Cosa farà? E successivamente, io, a 50 anni? e così via… Second reaction: shock!!!

Atterrito mi sono detto… ma come si può avere questo obiettivo vivendo e avendo vissuto in una tale prospettiva esistenziale?

Se il primo pensiero è andato alla vita futura, allora è probabile che io non abbia quella stessa proiezione e che non mi identifichi come reduce!

Genova 2001 è soprattutto sulla pelle, nella mente e negli occhi di chi l’ha vissuta o l’ha vista, sono le emozioni che hanno mosso migliaia di persone a tornare, rivedere i luoghi nel corso degli anni dove hanno corso, aiutato, sofferto, pianto e manifestato.

Per me, che a vent’anni ero un militante dei centri sociali occupati, che ho preso parte all’assedio alla zona rossa partendo dallo stadio Carlini, attraversando via Tolemaide.

Pur vivendolo da protagonista sia nelle assemblee decisionali sia nel sottogruppo del Genoa. Social.Forum., che definimmo D.A.N. Direct Action Network come tute bianche e poi disobbedienti, il G8 2001 ha sempre rappresentato un percorso collettivo, mai la luce riflessa del ricordo di quei giorni.

Intorno al grande tavolo quadrato della sede del WWF, all’epoca in Vico Casana, ci riunivamo in una trentina di rappresentanti di associazioni e reti di movimento diversissime per storia, appartenenza ed età anagrafica.

Un movimento inedito: il movimento dei movimenti.

Genova 2001 ci chiamò più volte a grandi mobilitazioni: in 100.000 un anno dopo, nel 2002; in oltre 50.000 nel 2007, contro il tentativo di infliggere 110 anni di carcere ai 25 manifestanti sotto processo (mentre per i fatti della Diaz e Bolzaneto finiva tutto in prescrizioni e promozioni), fino alle 10.000 persone che manifestarono nel decennale del 2011, quando la verità storica emerse al di fuori dei palazzi di giustizia. Manifestazioni, specie quelle degli anni successivi dove Don Andrea Gallo e la Comunità San Benedetto al porto sono state promotrici e punto di intersezione tra le varie anime che gravitavano e lentamente rifluivano in quel movimento dei movimenti.

L’agenda di Don Gallo

Ieri ho ripreso in mano l’agenda di Don Andrea Gallo di quei giorni di luglio, i suoi appunti schematici fanno rivivere la dinamicità e l’in- consapevole drammaticità di quei giorni:

17 Luglio:

TV tedesca
TV francese
RAI 1
Ore 19.30 Incontro con Manu Chao via C. Battisti Diaz

18 Luglio

Ore 7 Genova Blindata – militarizzata!!!
X il vecio 73 anni auguri ad Andrea
Grande preparazione per il Bar Clandestino nel Teatrino degli Zingari
Ore 20.30 inaugurazione bar Clandestino e concerto Manu Chao

19 luglio

ore 14.30 Intervista con Mario Monicelli
Corteo dei migranti dalle 16.30 a piazza Sarzano GRANDE CORTEO DA CARIGNANO – TANTI – 50.000?? PENSO PROPRIO DI SI!
CENA CON MANU CHAO E AMICI

20 luglio

IL BAR CLANDESTINO FUNZIONA!!!
ALLE 8.30 DAVANTI AL BAR CLANDESTINO CON FRANCA RAME
ORE 22.00 CENA CON MANU CHAO (cancellata)
Non si fa è morto un ragazzo in corteo
Ore 23 porta a porta??

21 luglio:

Incontro con Ettore Scola
Blitz notturno in via Cesare Battisti.

Protesta e partecipazione

Se dovessi sintetizzare oggi il sentimento di quelle giornate le intenderei come il punto più alto che il movimento altermondista abbia toccato, ma poi anche di collasso, vissuto nell’omicidio di Carlo e poco dopo con l’attacco e il crollo nel settembre del 2001 delle torri gemelle.

Quelle del G8 furono giornate molto intense, ma di protesta!

È importante usare la parola protesta perché è propria dei movimenti.

La protesta è un tipo particolare di partecipazione politica, una forma non convenzionale che esprime disagio, scontento verso decisioni o modelli esistenti e che si manifesta attraverso la rottura della routine quotidiana.

Deve avere qualcosa di anomalo, essere subito rilevata mediaticamente e avere un suo grado di… “notiziabilità”, altrimenti è come se non esistesse.

Noi lanciammo l’assedio alla zona rossa!

La protesta è quindi uno dei modi di fare partecipazione politica. La contestazione e la contrapposizione sono a loro volta delle forme di protesta. La prima nei confronti di qualcosa o qualcuno, di solito delle autorità politiche, come è accaduto in particolare contro gli 8 grandi di cui venivano contestate le decisioni politiche, ma soprattutto le autorità che le incarnavano. La contrapposizione non è definibile di per sé: la protesta contrappone, degli attori politici collettivi ad altri per una posta in gioco che loro considerano importante, ma da punti di vista e interessi diversi. Esprimemmo il conflitto, parte inevitabile della nostra società.

La politica non seppe raccogliere quella spinta di cambiamento e alcuni pensarono che bastava candidare qualche leader qua e là per raccoglierne le istanze, non funzionò.

In questi ultimi anni si è diffusa una forma di partecipazione collettiva fortemente individualizzata, facilitata dall’avvento del web, certo meno diffuso nel 2001.

La partecipazione nei movimenti era una partecipazione collettivizzata, cioè ci si impegnava nei movimenti perché si faceva parte di un gruppo che fosse un collettivo, un’associazione, un partito o un’organizzazione, mentre negli anni recenti che abbiamo vissuto vediamo una tendenza a partecipare a forme d’azione collettiva, ma in modo individuale, quindi senza far parte di un gruppo specifico.

Ne è un esempio il “clickactivism”, mettere “mi piace”, nel firmare petizioni e più in generale nel dare il proprio sostegno, tramite un contributo economico, a una campagna di protesta, a una campagna di solidarietà o a una forma associativa, ma che esprime una dimensione di impegno più leggera e fortemente individuale. Una forma di partecipazione diversa da quella di matrice collettiva che avveniva, anni fa, all’interno di gruppi più o meno organizzati. La partecipazione sociale che si esprime nella vita associativa e nel volontariato in molti casi non è esente da una dimensione del conflitto, e lo vediamo ad esempio nelle associazioni che si occupano della tutela dei diritti di alcuni gruppi spostando su un piano politico istanze e proposte. Nel momento in cui questi diritti non sono riconosciuti o vengano negati e di conseguenza ne richiedono la tutela, è inevitabile che in qualche modo aprano al conflitto.

Certo, i movimenti non si limitano a contrastare decisioni politiche non condivise o politiche pubbliche considerate negativamente, ma in generale hanno anche una dimensione propositiva, che si sostanzia nei tentativi di elaborare proposte specifiche concrete o di immaginare modelli di relazioni sociali. Ne sono esempio oggi i movimenti recenti come Fridays for future, la dinamica che fu dei social forum o gli esperimenti di democrazia partecipativa.

Non ci possiamo chiedere come sono cambiati i movimenti nello stesso modo con cui ci chiediamo come sono cambiati i giovani o i sindacati.

Giovani e sindacati sono soggetti concreti, cioè soggetti istituzionalmente definiti.

I movimenti no: quando lo sono, già cessano di essere tali.

Partire da Genova per guardare oltre

Infine mi sono anche interrogato rispetto allo spazio di azione dei centri sociali, a quel tempo così propulsivi, tanto da portare decine e decine di migliaia di persone in piazza ed essere una delle forme più avanzate di innovazione politica, organizzativa e comunicativa, ricordate “don’t hate the media, become the media” non odiare i media diventa i media, dirompente slogan di Indymedia che portò centinaia di telecamere e documentò le giornate di Genova che ancora oggi ci restituiscono la verità storica di ciò che accadde.

Pensate, se quelle telecamere indipendenti non ci fossero state oggi cosa avremmo saputo…

Io credo che siano cambiate le forme, non penso che le persone siano meno interessate o meno impegnate politicamente, semplicemente, in molti non si riconoscono più in alcuni contesti. Gli spazi occupati o i centri sociali non solo riproducevano la socialità, come oggi, in risorsa politica, ma sapevano “fare” società tra le diversità degli aggregati formali come le associazioni o informali come realtà cristiane di base o semplici cittadini, nei quartieri oltre lo spazio liberato.

La musica stessa è cambiata: prima era indi- spensabile avere un luogo dove provare, suonare, incontrarsi per fare controcultura.

Oggi è necessario un buon videoclip, le piattaforme social-web su cui uscire, un sintetizzatore, tutto può avvenire elettronicamente in una stanza e si può comunicare con la “clikmusic”. La musica ha rappresentato, da sempre e per generazioni, la formazione politica dei giovani oggi questa risorsa temo abbia perso la forza politica di un tempo.

E dunque non si è ancora riusciti ad intercettare quali siano le forme adatte a questo momento storico.

Ma tra quella incredibile giornata del 19 luglio 2001, “libertà di movimento senza confini” il più grande corteo della storia della Repubblica Italiana, sino ad allora, con circa 70.000 persone in difesa del diritto di movimento e cittadinanza delle persone migranti e le manifestazioni anche recenti contro i decreti sicurezza di Salvini, io sento un filo conduttore nello stare insieme, tutti uniti da un unico obiettivo, tra le diversità, come fossimo partigiane e partigiani delle differenze!

Per la prima volta, in questi vent’anni, ho sentito il bisogno di scrivere poche righe tra quel tragitto fatto in via Tolemaide e in molte altre strade e la comunità San Benedetto, nella quale opero ancora oggi.

Ma qualcuno pensa che per guardare al futuro dei movimenti e della politica si debba tornare a ricordare come eravamo in quel luglio del 2001?

Qualcuno pensa che i movimenti, la partecipazione sociale, la protesta e il conflitto come le sue sfumature possano non esistere più?

Io credo proprio di no…da Genova siamo solo partiti, forse fermati o cambiati ma le generazioni che seguiranno resteranno in movimento! Dedicato a Carlo Giuliani, che oggi avrebbe 42 anni, uno più di me.

Dopo Genova 2001 per il movimento si apre una nuova epoca spartiacque, proiettata nello spazio globale. Dopo vent’anni e dopo diversi cicli di lotte transnazionali, non è utile chiedersi se si abbia vinto o perso, ma piuttosto cosa quella battaglia abbia generato.


* Domenico “Megu” Chionetti, Comunità San Benedetto al Porto


Foto di Paolo Magliani da Wikimedia.org

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