Un mondo di mondi

Paolo Ferrero

Massimiliano LEPRATTI, Giorgio RIOLO, Un mondo di mondi. L’avventura umana dalla scoperta dell’agricoltura alle crisi globali contemporanee. Asterios editore, Trieste, 2021.

Confesso che il primo sentimento che ho provato leggendo questo libro è l’invidia per gli autori, che sono riusciti a scrivere un libro come questo. Come quando uno vede un video su una grande impresa e invidia un po’ chi l’ha compiuta. Ecco, un libro di sintesi sulla storia globale dell’umanità, di tutti i continenti, di tutte le culture, di tutte le civiltà, è un gran libro. Un libro di storia che, con la sua visione unitaria, si avvicina molto alla politica. Alla politica “buona”, intesa come connessione generale e come attività volta a trovare soluzioni, anche conflittuali, del vivere umano e sociale. Un libro che rovescia quel luogo comune fondativo dell’ideologia capitalista che vuole il presente come eterno ed immodificabile: è il catalogo delle mille forme in cui gli umani hanno sin qui vissuto e parla delle mille possibilità di modificare lo stato di cose presente.

Lo fa in modo semplice perché si tratta, in primo luogo, un libro di divulgazione. Tanto più importante oggi, dato che l’analfabetismo di ritorno tocca anche i laureati. Questo non è quindi un libro di ricerca storica, ma utilizza a piene mani le acquisizioni che il meglio della cultura ha prodotto in questi decenni. È il risultato di impostazioni, di metodologie storiche e politiche che originano da Marx, dai vari marxismi, dalle varie scuole del “terzomondismo”, dello sviluppo ineguale, da Samir Amin, da Immanuel Wallerstein, da Frantz Fanon ecc. E dalla visione del sistema-mondo di Fernand Braudel e dalle varie tendenze della scuola delle Annales, in primo luogo di Marc Bloch e di Lucien Febvre.

È detto esplicitamente che è un contributo alla “storia globale”, avversante l’eurocentrismo e l’occidentalocentrismo, così tenaci e radicati nella mentalità diffusa, non solo delle classi dominanti, in Europa e nell’Occidente tutto. Pertanto molto spazio è riservato agli apporti di altre culture, di altre civiltà, di altri continenti. Il pregiudizio della “superiorità bianca” (Samir Amin), è una sfida per chi nel mondo si pone il fine di cambiare le cose, si pone dal versante delle alternative al sistema. E ancora non se ne è venuto a capo.

Malgrado le conquiste della decolonizzazione e malgrado l’affacciarsi nel proscenio della storia di soggetti, gruppi umani e popoli prima esclusi, non esistenti. Come diceva Jean-Paul Sartre, nella straordinaria prefazione a quel libro altrettanto straordinario che è I dannati della terra di Frantz Fanon, i 500 milioni abitanti di diritto del pianeta (1961), l’Occidente cioè, e poi gli indigeni, i nativi nel resto del mondo. È una sfida permanente, e la battaglia culturale e la battaglia politica sono più attuali che mai.

Un principio ordinatore è anche il tentativo di tenere assieme, secondo quella visione unitaria, multifattoriale e unidimensionale, i vari momenti dell’intero storico-sociale. Le diseguaglianze economiche e di potere, il rapporto tra attività umane e natura e ambiente, la condizione della donna ecc. sono costantemente tenuti in considerazione.

L’economia è importante, ma non determina tutto. Pertanto si cerca costantemente di non cadere nell’economicismo e nel determinismo, così diffusi nella storia dei marxismi, del movimento reale, operaio, socialista e comunista. Il presente come storia, si diceva. I capitoli finali, dedicati al “malsviluppo”, alla nuova globalizzazione-mondializzazione e alle enormi diseguaglianze attuali prodotte dal capitalismo contemporaneo, alla crisi ecologica-climatica e alla presente crisi epidemiologica, costituiscono il risultato di un approccio che uno dei maggiori lasciti del movimento altermondialista e delle sinistre alternative su scala mondiale.

Un libro da leggere per saperne di più sul mondo, per farsi venir voglia di cambiarlo e per godersi una applicazione concreta di quello che chiamiamo materialismo storico.

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